20/12/2016, 11.22
TERRA SANTA
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Mons. Pizzaballa: A Natale i fedeli di Asia e Russia rilanciano i pellegrinaggi in Terra Santa

L’amministratore apostolico riferisce di un “aumento consistente” dei fedeli in visita nei luoghi santi. Cinesi e indonesiani “vogliono pregare” e confrontarsi “con la comunità locale”. I pellegrinaggi sono sicuri. Per sanare le ferite in Medio oriente serve una giustizia accompagnata da misericordia. Dall’incontro con un popolo e una comunità ferita le ragioni di una rinnovata speranza. 

 

Gerusalemme (AsiaNews) -  I fedeli “provenienti dall’Asia e dalla Russia” stanno “alimentando” le presenze in Terra Santa, un fenomeno che “obbliga guide e turisti ad aggiornarsi”. Nell’ultimo periodo si è registrato “un aumento consistente” nel numero dei pellegrini, tanto che “a Betlemme non vi è più un posto libero” negli alberghi e nelle strutture ricettive. È quanto racconta ad AsiaNews mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei latini, con il pensiero già rivolto alle imminenti celebrazioni del Natale. “In questi giorni - aggiunge il prelato - sto meditando l’omelia della messa; vorrei rinnovare l’invito a tornare al Vangelo, a guardare a Cristo per riscoprire il nostro essere fratelli, e come tali essere capaci di aiutarci nel momento del bisogno comune”. 

Raccontando il boom dei pellegrini provenienti dal continente asiatico e dalla Confederazione russa, l’amministratore apostolico ed ex Custode di Terra Santa riferisce che “emergono approcci culturali diversi” rispetto ai flussi tradizionali da Europa e Nord America. “I cinesi, gli indonesiani - aggiunge - sono pellegrini che vogliono davvero pregare, che dedicano gran parte del loro tempo ai santuari, alle celebrazioni”. Inoltre, essi “si adattano a tutto”, non disdegnano “i piccoli alberghi” e hanno dunque “maggiori occasioni di incontro e di confronto con la comunità locale”. 

Per questi pellegrini di nuova generazione, afferma il prelato, “Gerusalemme e la Terra Santa rappresentano prima di tutto la terra di Gesù” e la scelta di compiere un viaggio “riveste una connotazione che ha motivazioni quasi esclusivamente religiose”. Di contro, crisi economica, paure di attentati e violenze “che rappresentano forse l’elemento principale” hanno contribuito a determinare “un calo progressivo e costante” delle visite dal Vecchio Continente, Stati Uniti e Canada. “Ma voglio sottolineare con forza - aggiunge - che il pellegrinaggio è sicuro”. 

Il 24 giugno scorso l’ex custode di Terra Santa è stato nominato Amministratore Apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, con sede vacante, in seguito alle dimissioni per raggiunti limiti di età del patriarca Fouad Twal. Il 51enne neo arcivescovo ha ricevuto la consacrazione episcopale il 10 settembre scorso nella cattedrale di Bergamo, in Italia, sua diocesi di provenienza. 

Nato a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo, il 21 aprile 1965 , egli opera in Terra Santa dal 1999 e, nel maggio 2004, viene eletto custode. Il 22 marzo 2010 la nomina per un secondo mandato. Nel 2013 è stato postulato per un ulteriore triennio. Il suo incarico si è concluso nell’aprile 2016. Fine conoscitore della cultura ebraica, egli ha anche insegnato ebraico biblico alla Facoltà francescana di scienze bibliche e archeologiche di Gerusalemme e intrattiene molti rapporti con personalità ebraiche israeliane di primo piano.

Del Giubileo che si è da poco concluso, mons. Pizzaballa ricorda “i molti eventi liturgici e di formazione” dedicati al tema della misericordia. E ancora, il messaggio che più di ogni altro richiama il percorso compiuto nell’Anno Santo, attuale più che mai in Israele, in Palestina e in tutto il Medio oriente odierno: “Tutte le nostre ferite - spiega - le divisioni, religiose e familiari, si devono risolvere in un’ottica di giustizia, ma non vi è giustizia senza misericordia”. 

L’amministratore apostolico invita i fedeli a “ripartire dal Vangelo”, a “guardare a Cristo e ritrovarsi in lui come fratelli”. Il messaggio di pace contenuto nel Nuovo Testamento “vale da duemila anni” ed è “sempre autentico: a questo bisogna tornare, per ritrovare sostegno e sentirci parte di una comunità di credenti”. 

Intanto prosegue il cammino di preparazione in vista delle festività natalizie. “Si parla di addobbi, allestimenti ma vi è un fondo di amarezza - racconta mons. Pizzaballa - per i fatti del Cairo, della Giordania [cui si sono aggiunti in queste ore l’omicidio dell’ambasciatore russo in Turchia e l’attacco in Germania, ndr] ed è forte il desiderio di solidarizzare con le vittime. Questi fatti destano preoccupazione, ma resta il desiderio di celebrare la festa. I bambini attendono i regali, le famiglie sono in fermento, ci si incontra nelle scuole, nelle case, si condividono i racconti dei preparativi dei festeggiamenti, fra i fedeli c’è voglia di riunirsi, vivere appieno l’evento”. 

Questo non è un momento “di grandi gesti”, racconta il prelato, ma di “piccole opere, di iniziative a livello di parrocchie, case, di giovani, di comunità vive e unite”. L’avvenimento della nascita di Gesù “unisce le Chiese cristiane”, non solo a livello di patriarchi e vescovi “ma fino alle parrocchie, comunità, villaggi”. Un percorso di riavvicinamento fra le diverse comunità cristiane di Terra Santa che “ il terrorismo ha accelerato”. 

Da ultimo, egli rivolge un pensiero a questi primi mesi alla guida della Chiesa di Terra Santa: “Ho incontrato tante realtà ecclesiali - racconta mons. Pizzaballa - alcune già note e altre nuove, ho visitato comunità religiose e assorbito tanta forza, ho osservato realtà piene di ferite, ma anche molta gente che si mette in gioco”. Questo, conclude, è il vero “motivo di speranza: quando incontro persone con molti problemi, ma che affermano che fatiche e ostacoli sono parte del cammino allora non tutto è perduto”. (DS)

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