31/10/2003, 00.00
CINA
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Riconciliare la Chiesa, riempire il vuoto spirituale

di Bernardo Cervellera

Lavorare per l'unità della Chiesa in Cina e per renderla adeguata ad affrontare le sfide della missione in un Paese nel vortice della modernizzazione: questi gli impegni più urgenti emersi nel Colloquio "European Catholic China" (Europei cattolici e Cina), tenutosi nell'università cattolica di Lovanio dall'1 al 4 settembre scorsi. Il tema era: "Collaborazione con le Chiese cinesi per la formazione di ministeri ecclesiali nell'età della globalizzazione".

All'incontro sono intervenute personalità e studiosi dall'Europa e dall'Asia, nel tentativo di far progredire la missione e lo scambio fra le Chiese europee e la società e la Chiesa cinesi. Fra gli oltre 100 partecipanti, 47 erano cinesi; 29 provenienti dalla Cina Popolare, gli altri da Hong Kong, Taiwan, Singapore, Macao.

Il Colloquio, organizzato dalla Ferdinand Verbiest Foundation, con sede nell'università cattolica, ha visto la partecipazione di personalità cinesi, come il prof. Yan Huilin, direttore dell'Istituto per lo Studio della cultura cristiana all'università di Pechino. Fra i cattolici sono intervenuti fra gli altri il card. Gottfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles e l'arcivescovo di Taipei, mons Joseph Ti-kang.

Il valore del Colloquio sta nel suo essere pubblico: molto spesso l'aiuto e il rapporto con la Chiesa cinese avviene per vie traverse, reso difficile dal controllo e dalla divisione che le associazioni patriottiche e il governo seminano nelle file dei fedeli all'interno e all'estero. Con questo incontro si afferma che le Chiese d'Europa e del mondo vogliono essere partners (in comunione) senza imbarazzo con le comunità cristiane in Cina, in nome della stessa fede.

Il punto più urgente (e più dolente) affrontato è come favorire il superamento della divisione fra Chiesa ufficiale - riconosciuta dal governo di Pechino e imbrigliata nell'associazione patriottica - e la Chiesa non ufficiale o sotterranea, i cui membri sono spesso arrestati, isolati, malmenati anche fisicamente.

Al Colloquio è giunta una lettera di mons. Giuseppe Han Zhihai, vescovo sotterraneo di Lanzhou, che presentiamo nelle pagine successive. In essa, il pastore 39enne chiede agli "amici" di superare la divisione fra le comunità cristiane in Cina, ubbidendo così a un grande desiderio di Papa Giovanni Paolo II.

Mons. Han ha inviato la lettera a diversi vescovi ufficiali e non, sostenendo che bisogna di superare la divisione. L'appello di mons. Han è pieno di coraggio. Anzitutto perché un gesto così - una lettera "agli amici" vescovi ufficiali e non ufficiali - non sarà ben visto dall'Ufficio Affari Religiosi del governo, secondo cui nessun passo della Chiesa può essere compiuto senza il suo permesso e consenso; da questo punto di vista la lettera è qualcosa di illegale, che fa temere conseguenze sulla persona del vescovo. Ma l'appello è coraggioso soprattutto perché viene da un vescovo della Chiesa sotterranea, finora la più restia a collaborare con la Chiesa ufficiale.

Oltre a quello dell'unità, altro tema importante è quello della formazione di seminaristi, preti e suore: la mancanza di studiosi e i pochi rapporti con l'estero rendono difficile un innalzamento culturale del personale ecclesiale cinese, proprio mentre la società è in preda a trasformazioni profonde. La violenta modernizzazione crea infatti nuove sfide per l'educazione dei figli, la vita familiare, la giustizia sul lavoro, il ruolo della donna. Particolare attenzione è stata rivolta alla testimonianza dei cattolici negli ambienti di vita quotidiana, segnati da un profondo vuoto spirituale, frutto dei fallimenti marxisti e dei successi capitalisti che hanno dominato la Cina negli ultimi decenni.

Nelle pagine che seguono, offriamo ai lettori la testimonianza diretta di uno dei partecipanti, il p. Angelo Lazzarotto, Pime, il testo del comunicato finale e la lettera di mons. Han Zhihai. (B.C.)

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