23/03/2022, 12.26
INDIA
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Anche l'Haryana ha varato la legge anti-conversioni

Un altro Stato indiano governato dai nazionalisti indù ha approvato la norma che crea tensioni tra le comunità religiose. Nel testo previsto che sia l'accusato a dover provare di non aver estorto una conversione con la forza o con l'inganno. Con il Karnataka - dove un provvedimento analogo è già all'ordine del giorno in parlamento - diventerebbero 11 gli Stati indiani dove queste legislazioni sono in vigore. 

New Delhi (AsiaNews/Agenzie) - Anche l’Assemblea legislativa dell’Haryana, uno Stato settentrionale dell’India, ha approvato la controversa legge anti-conversioni, il provvedimento bandiera dei nazionalisti indù, spesso utilizzato contro le altre minoranze religiose. Il Prevention of Unlawful Conversion of Religious Bill 2022 è diventato legge con il voto favorevole del Bjp, il partito del premier Narendra Modi a cui appartiene anche il capo del governo locale Manohar Lal Khattar che sostiene sia uno strumento fondamentale per combattere il cosiddetto “love jihad”, cioè i matrimoni misti tra ragazze indù e giovani musulmani. I parlamentari di opposizione del partito del Congresso sono usciti dall’aula per protesta al momento della votazione.

Con il sì dell’Haryana le legislazioni anti-conversioni – introdotte per prime nell’Orissa nel 1967 – sono oggi in vigore in ben 10 Stati indiani (Orissa, Madhya Pradesh, Arunachal Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Himachal Pradesh, Jharkhand, Uttarakhand, Uttar Pradesh). Mentre in un undicesimo - il Karnataka, dove è già alta la tensione tra comunità religiose sul tema dell’hijab a scuola - è stata varata dal governo ed è attesa a giorni la discussione finale nel parlamento locale, nonostante le proteste di numerose realtà tra cui la Chiesa cattolica locale.

Il testo della legge approvata nell’Haryana prevede che per le conversioni avvenute con l’inganno, uso della forza o mezzi fraudolenti il carcere da 1 a 5 anni e una multa non inferiore a 100mila rupie (circa 1200 euro). In una materia che è per sua natura difficile da accertare, la norma prevede addirittura che spetti all’accusato l’onere di provare la propria innocenza. 
Se poi il tentativo di conversione avviene nei confronti di un minore, una donna o una persona appartenente alle caste o alle tribù “svantaggiate”, la pena detentiva sale a un periodo tra 4 a 10 anni, accompagnato da una multa di almeno 300mila rupie (3600 euro). Un quadro che crea un clima generalizzato di sospetto nonostante la Costituzione indiana affermi il principio della libertà religiosa. 

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