Andhra Pradesh: schiavo per ripagare un prestito, bambino lasciato morire
Il dramma di una famiglia di tribali Yanadi costretti a lavorare in un allevamento di anatre. Alla madre che disperata chiedeva notizie del figlio di 9 anni tenuto in ostaggio come "garanzia" il padrone rispondeva con una caten di bugie. Mons. Thakur, della Commissione per i migranti dei vescovi indiani: "La schiavitù che permane pur essendo ufficialmente illegale è una macchia enorme sulla coscienza di un Paese che si presenta come una potenza economica".
Tirupati (AsiaNews) - Un allevatore di anatre di Tirupati, nello stato di Andhra Pradesh, e la sua famiglia sono stati arrestati per aver tenuto una donna e i suoi tre figli, appartenenti a una comunità tribale, come lavoratori vincolati a causa di un prestito di 25mila rupie (poco più di 250 euro ndr), tenendo il figlio di 9 anni come “garanzia” e poi seppellendone segretamente il corpo in un altro Stato, sostenendo che fosse morto di ittero. Quando la donna è riuscita finalmente a raccogliere il denaro per ripagare il prestito - con un interesse esorbitante che l’uomo aveva richiesto - lui le ha detto che il bambino era scappato. Solo dopo la denuncia e l’interrogatorio l’uomo ha confessato che il bambino era morto e che aveva seppellito il corpo vicino alla casa dei suoceri, a Kanchipuram, nello stato del Tamil Nadu.
Quando la polizia ha riesumato il corpo del bambino, la donna sedeva a terra, singhiozzando disperatamente. Anakamma, suo marito Chenchaiah e i loro tre figli, tutti appartenenti alla comunità tribale Yanadi, avevano lavorato per un anno per l’allevatore di anatre a Tirupati. Anche quando Chenchaiah è morto, il datore di lavoro ha continuato a far lavorare Anakamma e i suoi tre figli, dicendo loro che non potevano andarsene perché il marito aveva preso in prestito 25.000 rupie da lui.
Le autorità hanno detto che Anakamma e i tre bambini erano costretti a lavorare molte ore e che lei aveva chiesto un salario più alto, ma l’allevatore aveva rifiutato. Quando ha insistito per andarsene, l’uomo ha richiesto 45mila rupie – di cui 20mila di interessi – come rimborso del prestito. Lei ha chiesto 10 giorni per raccogliere il denaro, ma le è stato detto che avrebbe dovuto lasciare uno dei suoi figli come garanzia. Senza altra scelta, ha accettato a malincuore.
Anakamma parlava occasionalmente con il figlio al telefono, e ogni volta lui la supplicava di venire a prenderlo, dicendo di essere sovraccaricato di lavoro. L’ultima volta che ha parlato con lui è stato il 12 aprile. Nell’ultima settimana di quel mese, Anakamma è riuscita a mettere insieme il denaro e ha contattato l’allevatore di anatre, dicendogli che sarebbe andata a prendere il figlio. L’uomo inizialmente ha detto che il bambino era stato mandato altrove. Quando lei ha insistito per avere informazioni, ha detto che era stato ricoverato in ospedale e infine che era scappato. Temendo che fosse successo qualcosa al figlio, la donna si è rivolta alla polizia locale con l’aiuto di alcuni leader della comunità tribale.
Al termine di un interrogatorio l’allevatore ha ammesso che il bambino era morto e che aveva seppellito segretamente il corpo a Kanchipuram. Lui, sua moglie e suo figlio sono stati arrestati immediatamente. Gli attivisti per i diritti umani raccontano che i tribali Yanadi sono particolarmente vulnerabili al lavoro schiavo e che 50 membri della comunità sono stati recentemente liberati. “Di solito, un anticipo viene usato per intrappolare le vittime”, ha raccontato un attivista.
Commentando la vicenda l’arcivescovo di Raipur mons. Victor Thakur, membro della Commissione per i migranti della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (CCBI), ha commentato ad AsiaNews: “È una macchia enorme sul nostro Paese, qualcosa di completamente inaccettabile in una società che si definisce civile e un attore globale, una potenza economica. Questo atto atroce, disumano e incivile dovrebbe farci abbassare la testa dalla vergogna… Sebbene questa pratica sia stata dichiarata illegale nel 1976, questi casi rivelano un malessere profondo. Il governo dovrebbe applicare con forza la legge per scoraggiare qualsiasi atto criminale simile in futuro”.
“È disumano - ha aggiunto ancora mons. Thakur - che, in questo XXI secolo, ci siano persone che usano altre persone come schiavi, riducendo in schiavitù intere generazioni. Tutti sono creati a immagine di Dio e questa schiavitù moderna offende i diritti umani ed è una violazione dei diritti fondamentali, dove i più emarginati, i più indifesi, i più poveri vengono sfruttati”.