16/08/2021, 08.34
RUSSIA-KAZAKISTAN-KIRGHIZISTAN
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Asia Centrale: guerra culturale sulla lingua russa

di Vladimir Rozanskij

Da Biškek ad Aktau una serie di incidenti ai danni dei russofoni hanno fatto gridare all'aggressione i nazionalisti di Mosca. Il timore è che si possa replicare uno scenario simile a quello del Donbass.

Mosca (AsiaNews) - Da alcuni giorni è in corso una dura polemica tra i russi e i gli ex-fratelli centrasiatici, soprattutto del Kazakistan e Kirghizistan, sul terreno dell’espressione linguistica e culturale. Le repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale sono infatti ancora molto dipendenti dalla lingua russa, imposta a suo tempo dai sovietici, e cercano in vari modi di affrancarsene per ristabilire le lingue nazionali. Avvicinandosi le elezioni parlamentari russe e altri appuntamenti elettorali nei Paesi asiatici, le polemiche assumono contorni propagandistici sempre più accesi, nelle reciproche accuse di nazionalismo aggressivo.

A metà luglio, durante una rassegna sportiva nella regione di Ysyk-Köl in Kirghizistan, un gruppo di bambini di nove anni ha picchiato un proprio coetaneo, che è tornato a casa pieno di lividi. I genitori hanno lanciato via social un’accusa di “razzismo ideologico”: il bambino sarebbe stato picchiato “in quanto cristiano”, come hanno insistentemente dichiarato il sacerdote e i parrocchiani dell’unica chiesa ortodossa russa del villaggio, poiché era l’unico bambino russo al campo sportivo. Il caso ha provocato un vasto scandalo, tanto che i genitori del bambino sono stati chiamati dall’amministrazione presidenziale a Biškek, per chiarire l’accaduto. Alla fine il bimbo è stato perfino invitato a Mosca dal patriarca Kirill (Gundjaev), che lo ha chiamato “difensore della fede”, garantendo alla famiglia l’aiuto necessario per trasferirsi a vivere e lavorare in Russia.

La storia del ragazzo picchiato si è poi intrecciata con un altro scandalo, quando all’inizio di agosto in un centro commerciale di Biškek un cliente ha scagliato un computer contro la commessa, rea di avergli risposto in russo e non in lingua kirghisa (una variante del turco). La ragazza non ha denunciato l’aggressore, ma la vicenda è stata ripresa dallo speaker della Duma russa, Vjačeslav Volodin, che ha fatto approvare una risoluzione parlamentare per chiarire l’accaduto per via diplomatica, e difendere la ragazza russofona “sulla base del fatto che la lingua russa in Kirghizia ha lo stato di lingua ufficiale, come scritto nella costituzione del Paese”. I deputati russi propongono misure di reazione, come il divieto all’ingresso in Russia “a chi offende le persone che parlano la nostra lingua”.

Le due storie di “offesa alla lingua e alla cultura russa” sono state riprese dal politico Vladimir Žirinovskij, leader dei liberal-nazionalisti, che si è auto-proclamato “difensore di tutti i russi nei Paesi dell’Asia”. L’istrionico e anziano leader ha preteso il richiamo in patria dell’ambasciatore russo in Kirghizistan e ha anche organizzato una manifestazione di protesta davanti all’ambasciata kirghisa a Mosca. Diversi politici kirghisi hanno a loro volta protestato, sostenendo che non esista una questione nazionale anti-russa nel loro Paese.

L’11 agosto, poi, in Kazakistan è stato diffuso sui social network un video che mostra una donna russa nella città di Aktau costretta con la forza a chiedere scusa per aver offeso ad alta voce i kazachi in un centro commerciale. Altri video diffusi in concomitanza con il primo mostrano le persone nei negozi kazachi che pretendono dai titolari e dai commessi che ci si rivolga loro esclusivamente nella lingua kazaca, un'altra variante del turco. La maggior parte dei video è apparsa sul canale YouTube Til maydan (“Campo linguistico”) del blogger Kuat Akhmetov, auto-definitosi “sentinella linguistica”, attivo da un paio d’anni in una campagna anti-russofona. La sera del 12 agosto contro Akhmetov è stato emanato da Mosca un decreto che gli proibisce di entrare nella Federazione Russa per i prossimi 50 anni.

Sui canali social e televisivi russi è partita così una vasta campagna a difesa dei russi in Asia centrale contro i “nazionalisti kazachi che picchiano gli slavi”. A nulla sono valse le scuse presentate, in ritardo, dal primo vice-capo dell’amministrazione presidenziale del Kazakhstan, Dauren Abaev, che ha condannato questi fatti come espressione di “oscurantismo nazionalista”.

Le repubbliche dell’Asia centrale sono ancora oggi molto dipendenti dalla Russia per i fattori economici e commerciali, e nonostante il ritorno di massa dei cittadini russi nella patria originaria, in questi Paesi rimangono molti abitanti di etnia russa. La loro difesa da parte delle autorità moscovite, sottolineano molti commentatori, rischia di creare uno “scenario del Donbass” anche in questi Paesi, simile ai problemi in atto da anni Ucraina.

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