Baghdad: al via le elezioni parlamentari, crocevia per il futuro
Con il voto di militari e sfollati iniziate le operazioni che avranno il suo culmine domani. Il premier uscente al-Sudani rivendica il “successo” del governo e cerca un secondo mandato. Sul fronte sciita permane l’influenza dell’ex primo ministro Nouri al-Maliki, mentre al-Sadr ha confermato il boicottaggio. Sunniti e curdi le altre forze in campo. "Significativo” il numero di giovani candidati, ma per gli esperti difficilmente il voto porterà un cambiamento.
Baghdad (AsiaNews) - A poche ore dal silenzio elettorale, entrato in vigore nel fine settimana, il primo ministro Mohammed Shia al-Sudani ha rivendicato il successo del suo governo nel tenere elezioni parlamentari nei tempi previsti. Per il capo del governo uscente aver rispettato la scadenza fissata per domani, 11 novembre 2025, quando il Paese si recherà alle urne per il sesto voto alle politiche dalla caduta dell’ex raìs Saddam Hussein, è un “evento importate” per la nazione. Al contempo, egli ha rilanciato l’impegno dello Stato e delle sue istituzioni verso un percorso democratico e in un quadro di trasferimento pacifico del potere.
Un totale di 7.768 candidati, tra cui 5.520 uomini e 2.248 donne, in rappresentanza di 31 coalizioni, 38 partiti e 75 liste indipendenti sono in competizione per 329 seggi nel Consiglio dei Rappresentanti (il Parlamento), che elegge il presidente e concede fiducia al governo. Secondo la Commissione elettorale sono circa 21 milioni gli iracheni chiamati alle urne. La capitale, Baghdad, detiene la quota maggiore con un numero complessivo di 71 seggi.
Intanto i membri delle forze di sicurezza e la popolazione sfollata internamente hanno iniziato ieri le operazioni di voto. Le urne si sono aperte alle 7 ora locale per gli 1,3 milioni di membri delle forze di sicurezza in 809 seggi elettorali, per poi chiudersi alle 18; un voto anticipato giustificato da questioni logistiche, perché l’11 novembre saranno impegnati a presidiare i seggi. A questi si aggiungono gli oltre 26.500 sfollati interni, anch’essi con diritto al voto anticipato ieri in 97 seggi elettorali in 27 centri sparsi per il Paese. Il ministro degli Interni Abdul Amir al-Shammari ha riferito che il processo si è svolto “senza intoppi e in modo organizzato”.
Parlando in occasione di una visita al quartier generale del Joint Operations Command a Baghdad, il premier ha confermato che non è previsto il coprifuoco il giorno delle elezioni per garantire un alto grado di mobilità per gli elettori. Al-Sudani, entrato in carica nel 2022, guida la coalizione ”Reconstruction and Development”, che comprende diversi partiti sciiti. La sua campagna si è concentrata sul miglioramento dei servizi, la lotta alla corruzione e consolidamento dell’autorità statale. È uno dei pochi primi ministri recenti che è stato in grado di far avanzare progetti di ricostruzione bilanciando le relazioni sia con l’Iran che con gli Stati Uniti, i due principali alleati - pur se su fronti diametralmente opposti - dell’Iraq.
Diversi altri blocchi di partito sono in lizza per conquistare il voto dell’elettorato. La coalizione “State of Law” guidata dall’ex primo ministro Nouri al-Maliki, rimane influente e compete con lo schieramento di al-Sudani per il dominio all’interno della comunità sciita, che è maggioranza nel Paese soprattutto nella zona centro-meridionale. Anche un certo numero di partiti con legami con Teheran e le sue milizie armate sono in corsa su liste separate. Di contro, sempre sul fronte sciita l’influente Moqtada al-Sadr nei giorni scorsi ha escluso la partecipazione del suo movimento al voto dopo aver impedito la candidatura dei propri uomini, col rischio di abbassare ancor più il dato sull’affluenza che risulta già incerto. “So per certo che la decisione di boicottare è difficile e dolorosa per molti - ha affermato lo stesso al-Sadr - ma la patria è troppo preziosa per essere venduta ai corrotti e ai dipendenti”.
Sul fronte musulmano sunnita, la principale forza politica è il partito Taqadum, guidato dall’ex presidente del parlamento Mohammed al-Halbousi, con il suo sostegno concentrato nelle aree in cui è maggioranza a ovest e a nord del Paese. Il partito sostiene la ricostruzione delle istituzioni statali e l’empowerment delle comunità sunnite dopo anni di conflitto ed emarginazione. Nella regione semi-autonoma del Kurdistan, il Partito Democratico del Kurdistan (Kdp), guidato dal leader veterano Masoud Barzani, domina il governo regionale e sta cercando una quota maggiore delle entrate petrolifere che sostengono il bilancio nazionale. Il suo principale rivale, l’Unione Patriottica del Kurdistan (Puk), guidata da Bafel Talabani, sostiene legami più stretti con Baghdad e si è spesso alleata con le fazioni sciite.
Le elezioni di quest’anno saranno condotte in base a una nuova legge elettorale che torna a un sistema basato su collegi uninominali per governatorato, un cambiamento rispetto al sistema multi-distretto utilizzato in precedenza che dovrebbe favorire i partiti più grandi. Il voto presenterà anche significativi sviluppi tecnologici volti ad aumentare la trasparenza e la velocità nell’annuncio dei risultati. Per la prima volta dal 2005, l’Alta Commissione Elettorale Indipendente ha eliminato l’uso di inchiostro indelebile per segnare le dita degli elettori.Una scansione dell’iride sarà, invece, il metodo principale di identificazione degli elettori, sostituendo quello delle impronte digitali.
A prescindere da alleanze, boicottaggi e modalità di voto, molti iracheni rimangono scettici, vedendo che il voto dell'11 novembre è improbabile che porti un vero cambiamento alla politica stagnante del paese, con gli stessi potenti gruppi che controllano lo Stato e le sue ricchezze petrolifera dalla caduta di Saddam nel 2003. Ciononostante, la presenza di un numero significativo di giovani candidati - per la seconda volta dalle elezioni del 2005 - segna il raggiungimento della vita politica attiva per cittadini che erano neonati o bambini piccoli quando l’ex dittatore è stato rovesciato, stimolando nuove - e legittime - richieste di riforma. Alcuni sono ottimisti sul potenziale di cambiamento, mentre altri restano freddi, citando l’influenza di gruppi potenti e il potenziale di violenza delle milizie armate. Nonostante le sfide, molti giovani candidati sono determinati a realizzare un “nuovo Iraq” e sostengono riforme (elettorali e non) e una riduzione dell’influenza iraniana.
26/10/2017 11:19





