24/06/2025, 12.40
LIBANO - SIRIA
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Damasco: a sant'Elia il giorno dopo dei ‘martiri’ cristiani

di Fady Noun

Oggi pomeriggio i funerali delle vittime della strage presiedute dal patriarca greco-ortodosso Giovanni X Yazigi. La comunità cristiana ancora sotto shock, intere famiglie decimate. Le autorità siriane hanno arrestato sei persone collegate all’attacco e promettono giustizia. Ma resta il clima di sfiducia e sale il desiderio di fuga in un “vuoto della sicurezza”.

Beirut (AsiaNews) - La comunità cristiana in Siria si prepara alle esequie, in programma oggi pomeriggio, delle vittime della strage alla cattedrale greco ortodossa di Mar Elias del 22 giugno per mano di un attentatore suicida, un nuovo "martirio" dei cristiani per molti versi simile a quello avvenuto nel 2010 a Baghdad. Ad annunciare i funerali lo stesso patriarca della comunità greco-ortodossa Giovanni X Yazigi, che ieri ha visitato il luogo di culto nel quartiere di Dwelah, a Damasco, dove è avvenuto l’attacco kamikaze, accompagnato dai primati greco-cattolico e siriaco-ortodosso. Una carneficina che è costata la vita ad almeno 30 fedeli e quasi 90 i feriti, decine dei quali in maniera grave e ricoverati negli ospedali secondo un bilancio aggiornato. 

Fra quanti hanno espresso note di cordoglio in queste ore il patriarca di Baghdad dei caldei, il card. Louis Raphael Sako, che esprime “sostegno” alle famiglie delle vittime e dei feriti “della Chiesa sorella”. In una nota inviata ad AsiaNews mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, spiega che “l’esplosione alla Chiesa ortodossa reca tre messaggi: screditare il nuovo regime, che vorrebbe instaurare relazioni con i cristiani; dare nuovo vigore all’islam terroristico; inviare un messaggio alla Russia che ha massacrato città musulmane e protegge i greci-ortodossi dal XIX secolo”. 

Secondo le ricostruzioni pubblicate in queste ore, le vittime sono state colpite dai proiettili e dagli esplosivi di uno o due miliziani jihadisti, identificati dal ministero siriano degli Interni siriano come membri del gruppo Stato Islamico (Isis), il solo ritenuto capace di atti così estremi. Reagendo rapidamente all’attentato, le autorità siriane hanno annunciato ieri di aver arrestato sei persone “coinvolte” nell’attacco, come emerge da un dispaccio diffuso dall’Afp a Damasco. Secondo la stessa fonte, altri due miliziani “coinvolti” sono stati uccisi. L’annuncio relativo ai fermi è giunto a poche ore di distanza dalla dichiarazione ufficiale del presidente siriano ad interim Ahmad al-Sharaa, che ha promesso di consegnare alla giustizia le persone collegate a qualunque titolo alla strage, che ha definito “odiosa”.

Il ministero degli Interni di Damasco ha spiegato in una nota che “diversi criminali coinvolti nell’attacco alla chiesa di Sant’Elia (sono) stati arrestati”. “Cinture esplosive, mine pronte per essere azionate e una moto imbottita di esplosivo” sono state sequestrate “da un nascondiglio durante un’operazione di sicurezza che ha preso di mira cellule di Daesh” nella regione della capitale. “Queste operazioni hanno portato a scontri durante i quali il capo della cellula e cinque membri sono stati arrestati, mentre altri due sono stati uccisi: uno - prosegue la nota ministeriale - era il principale pianificatore dell’ingresso dell’attentatore suicida nella chiesa, l’altro stava preparando un attacco terroristico in un quartiere della capitale”.

Tuttavia, vi sono altri elementi che farebbero pensare a una matrice diversa: il gruppo Saraya Ansar al-Sunna, formato da fuoriusciti di Hts, ha rivendicato ufficialmente l’attacco e nega che vi siano stati degli arresti fra i responsabili della strage. Pur non essendo alleato all’Isis, il movimento ne condivide l’ideologia e ritiene i cristiani obiettivo legittimo per le loro “azioni provocatorie”. Inoltre circa un mese fa, secondo un video circolato ieri, alcuni jihadisti filo-Stato islamico si sono presentati con un’auto dotata di altoparlanti per predicare la conversione all’islam nel cortile della chiesa di Saint-Georges. Sono stati respinti dagli uomini di questo quartiere popolare, in prevalenza cristiano. Dopo gli attacchi contro gli alawiti a marzo e i drusi ad aprile, quello di domenica 22 giugno potrebbe essere, per molti cristiani siriani, il colpo finale alla loro presenza in Siria; il punto di rottura, che segna la fine del periodo di prova concesso al regime islamista che ha rovesciato la dittatura di Bashar al-Assad. “Mio Signore, questa terra è diventata inabitabile. Puoi trovare un Paese dove non ci sentiamo in pericolo ogni giorno?” è l’appello che i vescovi greco-ortodossi sentono sempre più spesso dalle bocche di fedeli stufi. Questo non impedisce ai cristiani di ripetere che il loro diritto al suolo siriano è precedente all’arrivo dell’islam nel VII secolo e che sono i discendenti di san Paolo, convertito “sulla via di Damasco”.

Testimonianze confuse 

I resoconti della strage sono confusi e talvolta contraddittori. Secondo il video dell’arrivo del Patriarca Giovanni X sulla scena, l’attentatore suicida si è fatto esplodere a pochi metri dall’ingresso della chiesa, dopo essere stato scaraventato a terra da coraggiosi fedeli che hanno cercato di strappargli l’arma e che lui ha poi portato via fino alla morte azionando la cintura esplosiva. “All’inizio ho sentito il rumore dei proiettili, volevo scappare ma non ci sono riuscito: i terroristi sono entrati e hanno iniziato a sparare. Ci hanno sparato addosso” racconta il quindicenne Joulian Nakoula a L’Orient-Le Jour (LOJ).

Il giovane e stato colpito tre volte: una al ginocchio, una all’anca e una alla mano destra. È svenuto prima di risvegliarsi nell’ambulanza che lo stava portando all’ospedale centrale di Damasco. Sul letto medico racconta l’orrore: “È stata una scena orribile, le mie mani sanguinavano. Pensavo che fosse finita”. Il padre di Joulian, Hanna, vuole lasciare il Paese. “Non vi era nessuno a proteggere la chiesa, a proteggere i nostri figli” accusa. Al capezzale del figlio, fatica a parlare, lo sguardo perso: “Non capisco cosa stia succedendo”. Oggi il ragazzo avrebbe dovuto sostenere gli esami di maturità. Secondo fonti greco-ortodosse in Libano, l’attacco ha decimato un'intera famiglia e solo un bambino di 10 anni sarebbe sopravvissuto.

Placare gli animi

Per Vincent Gélot, direttore di Œuvre d’Orient in Libano e Siria, questo attacco è “estremamente grave”. “Questo nuovo attacco lascerà il segno nella comunità cristiana” ha proseguito, perché “fa rivivere i dolori del passato, in particolare l’attacco alla cattedrale siro-cattolica di Baghdad del 31 ottobre 2010”.  Vincent Gélot ha parlato del clima di insicurezza “che sta soffocando le minoranze cristiane, sempre più isolate, disarmate e vulnerabili”. Dall’inizio del conflitto siriano nel 2011, la popolazione cristiana si è ridotta del 70%. Alcuni stimano che in Siria siano rimasti solo 300mila cristiani. “Dalla caduta del regime, vi è stato un enorme vuoto di sicurezza. E i cristiani, che non hanno milizie, sono un bersaglio facile” conclude l’esperto e attivista, auspicando che il giro di vite annunciato dal ministero siriano degli Interni possa contribuire a placare animi in subbuglio. 

 

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