'Dopo il processo farsa, due mesi senza sentenza: libertà per mio padre Jimmy Lai'
Il figlio Sebastian parla ad AsiaNews del Calvario dell'imprenditore cattolico oggi 78enne che si è battuto per la democrazia a Hong Kong e per questo si trova in carcere dal 2020. "Temiamo per la sua vita: troppi detenuti anziani diabetici sono già morti dietro le sbarre. Resta in isolamento: gli è impedito persino di andare a Messa. Trump ha detto che ne parlerà con Xi Jinping: speriamo ottenga la sua liberazione. L'incontro con Leone XIV ha dato a mia madre tanta forza".
Milano (AsiaNews) - “Quando è iniziato il processo, nel 2023, doveva durare 90 giorni. Siamo alla fine del 2025 e ancora non c’è una sentenza. Hanno detto che arriverà ‘a tempo debito’. Ma le settimane passano: adesso si dice dicembre o gennaio, ma nessuno lo sa davvero. È un esempio chiaro di quanto sia corrotto, ormai, il sistema giudiziario di Hong Kong”.
Sono passati ormai due mesi da quando il 28 agosto si sono tenute le arringhe finali del dibattimento contro Jimmy Lai, l’imprenditore cattolico e fondatore del quotidiano pro-democrazia Apple Daily, in carcere ininterrottamente dal dicembre 2020 ai sensi della famigerata Legge sulla sicurezza nazionale. In prigione all’età di 78 anni e malato di diabete, resta sospeso in un limbo di persecuzione e inumanità, nel quale però resta saldo nella sua fede. E nella convinzione di avere compiuto la scelta giusta per Hong Kong.
A raccontarlo ad AsiaNews è il figlio Sebastian Lai, che dall’estero si batte per la sua liberazione. Lo abbiamo incontrato a Milano dove oggi ha ritirato a nome di suo padre il premio “Fatti per la verità” istituito dal sito informazione italiano “La nuova Bussola quotidiana”, nel corso di una giornata speciale in cui ha portato in Italia la testimonianza dell’impegno di suo padre in difesa della libertà.
“Sono ormai quasi sei anni che va avanti questa vicenda – racconta Sebastian Lai -. Le accuse, l’arresto per motivi di sicurezza nazionale, il processo iniziato solo nel 2023. Nel frattempo ha subito altre condanne farsa che servivano solo a tenerlo in carcere; perché la questione principale è questo processo legato alla Legge sulla sicurezza nazionale. Il problema ovviamente non sono solo gli incredibili ritardi: tutto questo processo è una continua messa in scena. L’esempio più chiaro è il fatto che una delle persone che ha testimoniato contro mio padre (Andy Lee, un ex collaboratore ndr) lo abbia fatto dopo essere stata torturato. Le accuse avanzate in questo senso e ampiamente riportate dalla stampa internazionale, non sono state nemmeno indagate. Ed è ovvio: non potranno esserlo mai, perché lo Stato per conto del quale lui ha testimoniato è lo stesso che lo ha torturato…”.
Lei ha espresso più volte gravi preoccupazione per la sua salute di suo padre e il rischio che possa morire in carcere.
“È come trattenere il respiro: più invecchia, più sono preoccupato. Considerando che ha il diabete, che è stato tenuto in condizioni orribili, senza luce naturale, in isolamento per tutti questi anni, e considerando la sua età tutto questo è estremamente preoccupante. Abbiamo condotto alcune ricerche sui prigionieri con diabete nel sistema carcerario di Hong Kong: i risultati sono davvero allarmanti. Tra quelli che avevano più di 65 anni molti sono morti in detenzione. Per questo la nostra paura per la sua vita è molto reale”.
Riceve visite?
“Da quanto so, gli è permesso ricevere visite quattro volte al mese. Ovviamente, quando andava in tribunale per il processo, poteva almeno vedere delle persone, anche se era un’esperienza molto disumanizzante: doveva spogliarsi, essere controllato per assicurarsi che non avesse nulla addosso, e poi andare in aula. Ma almeno lì la gente poteva vederlo. E vedere quanto peso ha perso, in che condizioni si trova”.
Può praticare la sua fede in carcere?
“Può pregare, e lo fa. Realizza molti disegni sulla vita di Gesù, anche se ovviamente, data la sua età, la vista e le forze stanno peggiorando. Non può però partecipare alla messa, perché si trova in isolamento. E fino a poco tempo fa non gli era nemmeno consentito ricevere l’Eucaristia. Tutto questo mira a fiaccarlo, a distruggerne lo spirito, a piegarlo. Ma la sua fede è ancora molto forte, e sa di aver fatto la cosa giusta”.
Sua madre Teresa ha incontrato papa Leone XIV la scorsa settimana. Che cosa le ha detto?
“È stato al termine di un’udienza generale, quando si va, si stringe la mano, e lui ti benedice. Crediamo conosca la situazione e ovviamente siamo molto grati alla Chiesa cattolica per la preghiera per mio padre e il sostegno. Penso che questo incontro abbia dato molta forza a mia madre. È stato un periodo incredibilmente duro per lei: vedere tuo marito consumarsi dietro le sbarre, sapendo che ha fatto la cosa giusta, che è ancora la persona che hai sposato… E ogni volta che lo vede, è sempre un po’ peggio. Quindi, incontrare il papa e ricevere il sostegno di così tante persone, di tanti cattolici, è ovviamente un grande dono. Speriamo davvero che tutto questo faccia parte di una rete di nazioni e persone che contribuiranno a ottenere la sua liberazione. Se anche solo il papa prega per mio padre, gliene siamo profondamente grati”.
Sappiamo tutti che, quando verrà pubblicato il verdetto, sarà una sentenza severa.
“Sì, molto probabilmente sarà di colpevolezza. Tutto indica che sarà così”.
Cosa ti piacerebbe che accadesse dopo questa triste conclusione del processo?
“Mio padre ha quasi 80 anni. Tutte le prove emerse durante il processo mostrano che non è una persona violenta, ma un uomo di pace, una persona di principi che voleva la democrazia. È sempre stato contrario alla violenza, contrario all’indipendenza di Hong Kong, e a ogni forma di estremismo. È stato una persona che ha dato tutto sé stesso per quella che, per molti nel mondo, è una causa giusta. Quindi, data la sua età, spero in un atto di compassione, che gli permetta di lasciare il Paese e trascorrere il resto della sua vita altrove, senza dover morire in prigione. La sua morte in carcere sarebbe un danno enorme per molti Paesi - compresi Hong Kong e la Cina”.
Lo accusano di “collusione con forze straniere”.
“È una vera follia, davvero. ‘Collusione’ implica un qualche vantaggio illecito. L’unico presunto vantaggio illecito che mio padre avrebbe ottenuto in 30 anni di lotta per la democrazia, dopo aver dato tutto ciò che aveva, sarebbe… la democrazia stessa. E la democrazia si traduce in un voto. Il suo ‘vantaggio’ sarebbe stato un voto, come per ogni altra persona di Hong Kong. È stato così per gli ultimi 30 anni: ha parlato con giornalisti, con politici stranieri, in incontri pubblici. Ma non c’è mai stato nulla di losco: tutto era fatto per cercare di rendere Hong Kong più democratica. Era attivismo, era impegno civile. E, a mio avviso, era la cosa giusta da fare”.
Il 30 ottobre il presidente Trump incontrerà Xi Jinping. Pensa che parlerà della situazione di suo padre?
“Ha detto che la menzionerà, lo ha dichiarato pubblicamente: lo spero davvero. Perché il presidente Trump ha un’incredibile esperienza nel liberare persone ingiustamente imprigionate in tutto il mondo. Quindi, il fatto che si sia interessato al caso di mio padre ci dà molta speranza”.
Come vede oggi Hong Kong? Pechino ha avuto successo nella sua repressione?
“Hong Kong è stata repressa, ma quali sono le conseguenze? La gente non si fida più di Hong Kong come luogo dove fare affari. L’economia locale è in pessime condizioni. La borsa è risalita negli ultimi mesi grazie a nuove quotazioni secondarie e simili, ma Hong Kong era un centro finanziario, un luogo basato sulla fiducia. Ora quei centri finanziari si sono spostati: se non puoi fidarti del sistema, se non puoi fidarti del sistema giudiziario, se qualcuno può finire in prigione solo per aver difeso ciò in cui crede, la gente se ne va. Se ne vanno i giovani. Non torno a Hong Kong da sei anni, ma mi rattrista molto vedere il posto che chiamavo casa andare praticamente distrutto
Il Regno Unito ha fatto abbastanza per Hong Kong?
“La Cina ha violato la Dichiarazione Congiunta. È sicuramente positivo che il Regno Unito abbia accolto così tanti cittadini di Hong Kong. Ma mio padre è un cittadino britannico. Ed è ancora in prigione. Penso che, anche al di là delle azioni eroiche che ha fatto, il Regno Unito abbia la responsabilità di liberarlo. Concretamente parlando, non sarebbe una cosa complicata per Hong Kong e la Cina: basterebbero due ore per metterlo su un aereo e mandarlo nel Regno Unito.
Quindi sì, penso che potrebbero fare di più. Credo che, per quanto riguarda il caso di mio padre, il governo britannico sia dalla nostra parte - molto dalla nostra parte -, ma serve passare dalle parole ai fatti. E con lui, continuare a credere in un futuro migliore. Un futuro in cui le persone siano più libere. Un futuro più libero e più democratico”.
Come pensa che oggi Jimmy Lai venga ricordato a Hong Kong? Come vivono le persone quanto gli sta accadendo?
“Quando mio padre fu arrestato per la prima volta, le persone si misero in fila per comprare l’Apple Daily. Ricordo che uno di loro, interrogato mentre era in coda rispose: ‘Lo comprerei anche se fosse un foglio bianco’. E penso che questo dica tutto: il coraggio che mio padre e i suoi giornalisti hanno dimostrato. Credo che nei circoli elitari mio padre non sia mai stato amato, perché non si piega al potere. Fa ciò che un giornalista deve fare: dice la verità ai potenti, senza lasciarsi corrompere. Spero che la maggior parte dei cittadini di Hong Kong apprezzi ciò che ha fatto: il sacrificio e la sua lotta per la vita in questo momento. Perché, in un mondo in cui mio padre ottenesse ciò per cui ha sempre combattuto - il suffragio universale - tutti ne trarrebbero beneficio. Spero che la gente lo veda così. E molte persone - al di fuori di Hong Kong - si sono avvicinate a me per dirmi semplicemente: ‘Grazie per ciò che avete fatto’”.
E a lei personalmente, che cosa ha insegnato l’esperienza di suo padre?
“È stato, ovviamente, molto ispirante. È arrivato a Hong Kong come operaio in fabbrica ed è diventato uno degli uomini più ricchi dell’isola. Ma, nonostante questo, ha saputo dire: ‘Ci sono cose più importanti di un altro zero sul conto in banca’. Ha capito che la libertà è qualcosa che, se nessuno la difende, semplicemente arretra. E ha dedicato la sua vita a questo. Quando tutti gli consigliavano di andarsene, lui non l’ha fatto. Sapeva che i suoi giornalisti sarebbero stati in pericolo ed è rimasto per difenderli. Sono immensamente orgoglioso di avere quest’uomo come padre. È il mio eroe, e credo sia l’eroe di molte altre persone. E sì, il modo in cui ha vissuto la sua vita mi ha insegnato come pensare alla mia: al mio dovere verso la società e verso le mie convinzioni”.
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