26/11/2025, 15.48
TURCHIA - VATICANO
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Fra dialogo e polemiche, il sultano Erdogan accoglie il quinto Papa in terra turca

Dopo Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, ora è Leone XIV a visitare il Paese nel primo viaggio apostolico all’estero. Dalla controversia post-Ratisbona agli attacchi sul genocidio armeno, fra il leader turco e i predecessori un rapporto (a volte) travagliato. P. Monge: l’unità proposta da papa Prevost “espressione di diversità riconciliata dallo Spirito Santo”. 

Istanbul (AsiaNews) - Leone XIV è il terzo pontefice che il presidente Recep Tayyip Erdogan si prepara ad incontrare dopo Francesco e Benedetto XVI, in un rapporto con i romani pontefici caratterizzato da luci e ombre. La condanna del genocidio armeno di papa Bergoglio e la controversia innescata dall’intervento all’università di Regensburg (Ratisbona) di Joseph Ratzinger, con le feroci polemiche di parte del mondo islamico, sono state oggetto di forti critiche e attacchi del leader di Ankara. Per il papa argentino è rimasto un desiderio incompiuto questo secondo viaggio in terra turca per il 1700.mo anniversario del primo Concilio di Nicea, mentre si è era già recato nel Paese un anno dopo l’ascesa al soglio di Pietro, nel 2014. Del resto la nazione a cavallo fra Europa e Asia è un crocevia di incontro e dialogo imprescindibile, in una fase tanto cruciale quanto complicata nella storia della regione mediorientale.

A fronte di alcuni momenti di difficoltà, le centenarie relazioni fra Turchia e Santa Sede (i rapporti diplomartici risalgono al 1868 con l’ex impero Ottomano) sono improntate alla cordialità e già quattro pontefici prima di Leone XIV hanno visitato il Paese: Paolo VI nel 1967, in occasione del quale si ricorda lo storico incontro con il patriarca greco-ortodosso Atenagora I, oltre ai membri delle comunità armena, musulmana ed ebraica. Giovanni Paolo II si è recato in Turchia nel novembre 1979, mentre risale al 2006 il viaggio apostolico del successore Benedetto XVI con la storica visita alla celebre Moschea Blu, secondo pontefice a entrare nel luogo di culto islamico.

Tornando al rapporto fra il presidente turco e i pontefici, si ricorda lo scontro durissimo con Francesco per l’uso da parte del papa del termine “genocidio” nel ricordare il massacro degli armeni (e caldei) nel 1915 da parte dell’ex impero Ottomano. Il pontefice argentino è stato il primo ad usare apertamente la parola “genocidio”, innescando la dura reazione delle massime cariche politiche e religiose turche, da sempre sensibili in materia. Al riguardo, il leader turco aveva presentato le “condoglianze” del proprio Paese per le violenze contro gli armeni, ma ha sempre respinto la definizione di genocidio per qualificare gli eventi che si sono consumati negli anni della Prima Guerra Mondiale. 

Prima ancora, nel 2006, la presenza di Benedetto XVI è ricordata per la storica visita alla Moschea Blu, il secondo papa in carica ad entrare in un luogo di culto musulmano e parte degli sforzi per rafforzare le relazioni islamo-cristiane. Tuttavia l’eco dell’intervento - distorto in maniera più o meno consapevole - di Benedetto XVI all’ateneo tedesco di tre mesi prima, con le feroci polemiche che ne sono seguite, ha gettato più di un’ombra sul viaggio fin dal suo arrivo, con oltre 25mila nazionalisti a manifestare nella capitale. Uno sconto che l’allora primo ministro Erdogan aveva cavalcato per un certo periodo per rafforzare il consenso interno nel fronte islamico e conservatore e che si sommava ad un altro elemento di controversia fra “pontefice e sultano”: la querelle sulla presunta contrarietà di Benedetto XVI all’ingresso della Turchia nell’Unione europea.

Del viaggio apostolico di Leone XIV in Turchia (e Libano) ha parlato anche il domenicano p. Claudio Monge, da 24 anni nel Paese e direttore del Centro Studi Dostil di Istanbul, acrostico di Dostil (Dominikan Stadi Institut, amico in turco). Intervenendo a Taccuino Celeste, il podcast di Mondo e Missione, il sacerdote sottolinea come nella sua prima visita all’estero il pontefice non si limita a “realizzare un desiderio del suo proprio predecessore” Francesco. Al contrario, prosegue, papa Prevost ha dato una “chiara impronta personale” unendo “al ricordo dell’antica fede di Nicea un obiettivo molto concreto”, quello di “rafforzare il dialogo sinodale tra le Chiese”. “L’unità che cerca - afferma il religioso - non è una uniformità imposta” sullo stile della Pax Constantiniana, ma una “espressione di diversità riconciliata dallo Spirito Santo”.

Secondo p. Monge “per superare le chiusure identitarie, insomma, bisogna tornare al cuore del mistero cristiano e smetterla di attardarsi su un ricordo un po’ nostalgico del passato”. A Istanbul, ricorda, papa Leone “incontrerà non solo il Patriarca Bartolomeo, ma anche i leader delle altre Chiese orientali per momenti di preghiera comune. E con la scelta di unire Turchia e Libano in un unico viaggio” restituisce al mare Mediterraneo “un ruolo centrale, quello di cuore spirituale e umano di una Europa in difficoltà che fatica a ritrovare la sua antica vocazione”. “Infine, di fronte alla guerra in Medio oriente, alle migrazioni e alla crisi climatica, il Santo Padre - conclude il religioso - rinnova l’appello del giorno della sua elezione, che oggi diventa un grido ancora più accorato. È ora di disarmare i cuori”.

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