04/06/2025, 12.30
CINA
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Gli universitari cinesi, Trump e il boom delle alternative asiatiche

di Lisa Bongiovanni

Le restrizioni sui visti annunciate dalla Casa Bianca toccano in particolare gli studenti cinesi, che negli Stati Uniti oggi sono ben 277mila. Ma il loro numero era già diminuito negli ultimi anni, con la crescita delle alternative negli atenei asiatici, in particolare in Giappone, Corea del Sud e Singapore. Mentre le università cinesi scalano le classifiche nelle discipline tecnologiche ma scontano i limiti nella libertà di pensiero nelle discipline umanistiche.

Milano (AsiaNews) – Da giorni il tema degli studenti cinesi nelle università americane è diventato una materia incandescente per i rapporti tra Washington e Pechino. Il 22 maggio, l'amministrazione Trump ha annunciato la decisione di impedire agli studenti stranieri di studiare ad Harvard. Un giudice federale ha bloccato il provvedimento il giorno successivo, ma l’amministrazione ha risposto inasprendo la stretta. E il 27 maggio ha sospeso tutti i nuovi colloqui per gli studenti stranieri. Una tempesta arrivata proprio alla vigilia del Gaokao, il severissimo esame che il 7 giugno vedrà 13,3 milioni di studenti cinesi affrontare in Cina i test per l'ammissione agli studi universitari.

Dei circa 1 milione di studenti internazionali che studiano attualmente negli Stati Uniti, nel 2024 ben 277mila erano cinesi. Le restrizioni sui visti avranno senza dubbio conseguenze significative, ma i dati mostrano che non faranno altro che accelerare una tendenza già in atto: 

Anno accademico

Studenti cinesi

2015-2016

328.547

2019-2020

372.532

2023-2024

277.398

Fino a qualche anno fa il numero di iscrizioni era sempre stato in crescita, toccando un picco durante il biennio 2019-2020. In seguito alla pandemia, però, il trend aveva già iniziato a cambiare e dal 2020-2021, il numero di studenti cinesi è calato progressivamente di anno in anno.

Perché sempre meno studenti cinesi scelgono gli Stati Uniti?

Il calo degli studenti cinesi è dovuto ad una serie di fattori, tra cui la sicurezza - gli Stati Uniti non sono più visti in Cina come un posto sicuro in cui vivere - e il crescente patriottismo. Le stesse rivalità politiche e il clima di diffidenza tra Washington e Pechino si riflettono sugli studenti, che vedono quanto stia diventando più difficile ottenere il visto e sperare che venga rinnovato. Inoltre, le crescenti minacce di spionaggio da parte di Pechino, hanno reso molto complesso per i suoi studenti trovare lavoro nelle aree cosiddette Stem - scienza, tecnologia, ingegneria e matematica - in settori cosiddetti sensibili.

Gli studenti che non possono più studiare negli Stati Uniti, dove potrebbero andare?

Il calo negli Stati Uniti non significa che siano diminuiti gli studenti cinesi che vogliono andare all’estero a studiare: i giovani cinesi in giro per il mondo stanno raggiungendo livelli record e hanno contribuito al recente boom di popolarità delle università asiatiche. Singapore, per esempio, ha ospitato nel 2024 73.200 studenti internazionali, dei quali circa la metà sono cinesi.

Stando ad uno studio di Sunrise International del 2025, la destinazione che hanno preferito è stato il Giappone - che ha accolto circa 115mila studenti cinesi - seguito in Asia da Corea del Sud, Russia, Malaysia, Singapore, Thailandia e Hong Kong.

In Giappone gli studenti cinesi sono aumentati dell’11% dal 2022 al 2023 e nel 2024 hanno rappresentato circa il 40% degli studenti totali. In Thailandia l’aumento è stato del 21,4% dal 2022 al 2023 raggiungendo una soglia di quasi 19mila studenti. In Malaysia sono aumentati del 25%, passando da 26,627mila studenti cinesi nel 2023 a 33,216 nel 2024.

È possibile che una parte degli studenti che non andranno negli Stati Uniti si fermi in Cina?

In Cina, il settore dell’istruzione superiore ha registrato una crescita fenomenale e la maggior parte delle migliori università in Asia è proprio in Cina. Cinque università cinesi compaiono tra le prime 50 nella classifica mondiale, quando negli anni ’90 non comparivano nemmeno nei primi 200 posti. Questo successo fa parte di una priorità politica per Pechino dove lobiettivo è stato quello di creare atenei di alto livello, in grado di rivaleggiare con le migliori istituzioni occidentali, sia in termini di qualità accademica che di reputazione internazionale, così da attrarre e formare talenti che possano contribuire allo sviluppo del Paese. L'Università di Pechino e l'Università di Tsinghua hanno recentemente confermato che, rispettivamente, Gérard Mourou, un fisico francese vincitore del premio Nobel, e Kenji Fukaya, un matematico giapponese, avrebbero iniziato a far parte del corpo docente delle loro università. A fine aprile, Alex Lamb, un ricercatore nel campo dell’intelligenza artificiale, ha confermato di lasciare il suo laboratorio alla Microsoft a New York per il nuovo college di Ai di Tsinghua. Ci sono poi gli scienziati di origine cinese che stanno rientrando in Cina dopo aver frequentato le università occidentali, come il matematico Sun Song dell’Università della California, che si è trasferito all'Università di Zhejiang, sede di DeepSeek.

La Cina sta investendo 250 miliardi di dollari all'anno in quello che gli economisti chiamano il capitale umano. Per attirare una fetta di talenti sempre più ampia, oltre al miglioramento della reputazione internazionale dei suoi istituti, Pechino ha concesso grosse riduzioni nelle tasse universitarie, ha previsto ingenti borse di studio e diversi corsi interamente in lingua inglese. Questi investimenti si inseriscono in un Paese che offre ottime opportunità lavorative: multinazionali come IBM, DELL, General Electric, Intel e General Motors continuano ad assumere studenti che escono dalle università cinesi aumentando ulteriormente il prestigio di queste istituzioni.

Università storiche come Harvard, potranno essere sostituite da quelle cinesi?

La Cina di oggi, nonostante gli investimenti, non potrà mai essere al livello di queste istituzioni in tutti gli ambiti di studio. Pechino si sta concentrando su scienza e tecnologia, settori che riflettono le esigenze di sviluppo del Paese, ma anche gli unici in cui è possibile garantire un’istruzione di alto livello in un sistema in cui il dibattito accademico è limitato a causa delle restrizioni sulla libertà di parola. Le arti liberali spesso implicano un pensiero critico su politica, economia e storia. “Al momento, non credo che nessuna università in Cina abbia un'atmosfera paragonabile a quella di storiche università occidentali come Harvard o Oxford, in termini di libertà di espressione”, ha affermato Lin Jianhua, ex presidente dell'Università di Pechino.

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