27/11/2009, 00.00
THAILANDIA
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Il buddismo thai predica il rispetto della vita, il governo condanna a morte

di Weena Kowitwanij
Per i fautori è un deterrente contro il crimine. Quanti lottano per l’abrogazione ribattono: viola i diritti umani e non previene i reati gravi. Per il premier thai “la maggioranza e favorevole”; molti chiedono “pene alternative” come l’ergastolo.
Bangkok (AsiaNews) – L’applicazione della condanna a morte è al centro di un aspro dibattito in Thailandia, nazione per il 95% di fede buddista e i cui insegnamenti impediscono persino l’uccisione di una zanzara. I fautori sottolineano che garantisce “protezione e sicurezza”. Il movimento che si oppone alla pena capitale denuncia una “palese violazione dei diritti umani” e scrive una lettera aperta al premier Abhisit Vejjajiva per la moratoria.
 
Il 24 novembre scorso Wanchai Srinuannad, alto funzionario di polizia e presidente della sottocommissione della Commissione nazionale thai per i diritti umani (Nhrct), ha organizzato un dibattito pubblico dal tema “Pena di morte… Che ne pensano i thailandesi?”.  Egli ricorda che “ad oggi 139 Paesi al mondo hanno abolito la pena di morte e solo 59 la applicano ancora. La Thailandia è uno di questi. Una punizione che viola in modo palese i diritti umani di base”.
 
L’ultima esecuzione è avvenuta il 24 agosto scorso, contro due imputati condannati per traffico di droga. Per risalire al caso precedente, bisogna andare indietro di sei anni, nel 2003: la pena capitale è stata comminata, per la prima volta, a quattro condannati con un’iniezione letale, che ha soppiantato la fucilazione.
 
Nelle settimane successive all’uccisione dei due trafficanti, l’Unione europea ha condannato la pratica, chiedendo al governo thai l’abrogazione. Il premier Abhisit Vejjajiva ha replicato che “la maggioranza dei cittadini è favorevole” perché funge da “deterrente” verso il crimine.
 
Nathee Jitsawang, ex direttore generale del Dipartimento carcerario, concorda sul fatto che la maggioranza dei thailandesi approvi l’uso della condanna a morte, ma aggiunge che “diverse ricerche dimostrano che questa punizione severa non serve a impedire i grandi crimini”. Egli sottolinea che è “il momento di usare altre punizioni sostitutive” come il “carcere a vita”.
 
Tra i partecipanti al forum sono emersi pareri discordanti, che rispecchiano i sentimenti diffusi nell’opinione pubblica. Paratala, giovane di 25 anni, chiarisce che la pena capitale viene comminata “al termine dei tre gradi di giudizio” ed è “applicata in pochissimi casi”. Sangkom, 40 anni, è “favorevole alla pena di morte”. Diverso il parere di Verapong, 50 anni, il quale sottolinea che “nessuno può porre fine alla vita di un altro individuo”.
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