20/11/2025, 09.02
ORTODOSSI
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Il conflitto tra gli ortodossi romeni e moldavi

di Vladimir Rozanskij

Come accade da tempo a Kiev, anche a Chişinău è scontro tra la Chiesa ortodossa di Moldavia - legata al patriarcato di Mosca - e la metropolia di Bessarabia, che aderisce alla Chiesa di lingua romena. Lo stesso patriarcato di Bucarest accusa i gerarchi filo-russi di ingerenze nei processi elettorali del Paese. Un dissidio che fa riemergere la travagliata della zona compresa tra il Danubio e il Dnestr.

Chişinău (AsiaNews) - Un conflitto interno alle Chiese ortodosse analogo a quello in corso in Ucraina, sullo sfondo della guerra tra Mosca e Kiev, si sta sviluppando anche tra Bucarest e Chişinău. La Chiesa ortodossa della Moldavia è canonicamente legata al patriarcato di Mosca, ma da essa si è separata la metropolia di Bessarabia, una parte della Chiesa moldava che si sottomette al patriarcato di Romania, e accusa i confratelli di essere sostenitori delle politiche militari della Russia, ciò che crea forti tensioni ed espulsioni di sacerdoti che non intendono sottostare alla giustificazione religiose dell’aggressione all’Ucraina.

La metropolia di Bessarabia, ufficialmente registrata nel 2002 dal governo moldavo, contesta perfino la dizione di “Chiesa ortodossa di Moldavia”, ritenuta erronea sia dal punto di vista storico, sia da quello canonico, conducendo i fedeli alla confusione e pretendendo di rappresentare l’intera comunità ecclesiale ortodossa sul territorio della Moldavia. Il comunicato dei giorni scorsi della metropolia, che ha sede anch’essa a Chişinău, afferma che “questo titolo in realtà indica soltanto la struttura locale del patriarcato di Mosca”, in pratica riunendo i fedeli russofoni, mentre i moldavi autentici aderiscono alla Chiesa di lingua romena.

Lo stesso patriarcato di Bucarest accusa alcuni gerarchi della Chiesa filo-russa di Moldavia, attribuendo loro “interferenze dirette e aggressive nei processi elettorali del Paese”, condannando con decisione la partecipazione della Chiesa alla politica. Dal canto suo, la metropolia moldava filo-russa nega ogni relazione diretta con Mosca, e conferma di essere “aperta a tutti i credenti della Moldavia”, in quanto “la Chiesa ortodossa di Moldavia non è una Chiesa russa, ma la Chiesa dell’intero popolo che vive su questo territorio, composto da fedeli di diverse etnie e nazionalità, noi siamo una Chiesa libera e indipendente nella propria amministrazione”.

Già nel 2020 la Chiesa filo-russa ridusse allo stato laicale undici sacerdoti che avevano deciso di “passare dall’altra parte”, ritenendo la loro scelta “arbitraria, infondata e non canonica”, e da allora le tensioni sono aumentate continuamente, soprattutto in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e alle tante interferenze russe negli appuntamenti elettorali della Moldavia. Secondo la Chiesa moldavo-bessarabica, “queste espulsioni non hanno validità né canonica, né giuridica, considerando che la scelta dei sacerdoti è stata supportata da quella dei loro parrocchiani, e che da tempo non c’erano più rapporti con il patriarcato di Mosca”.

Il titolo stesso di “metropolia di Bessarabia” rimanda alle contese definizioni storiche della zona compresa tra il Danubio e il Dnestr, che oggi viene identificata nella repubblica della Moldavia, e a lungo rappresentava una zona cuscinetto tra le grandi potenze dell’Austria, dell’Impero russo e dell’Impero ottomano. Nel 1918 il governatorato russo di Bessarabia aveva ottenuto per breve tempo l’indipendenza, per essere poi assorbito democraticamente dalla Romania prima di finire nel dominio sovietico dopo la seconda guerra mondiale.

Oggi la parte settentrionale della Bessarabia è una regione della Moldavia, mentre quella meridionale, considerata la “Bessarabia storica”, fa parte dell’Ucraina. Le Chiese ortodosse della regione hanno oscillato in varie direzioni a seconda dell’indirizzo politico, ma il richiamo al termine della regione più legata alla Romania indica chiaramente la volontà di affrancarsi dal dominio culturale e religioso della Russia, rendendo le frizioni tra Mosca e Chişinău particolarmente intrise di motivazioni religiose, come avvenuto appunto per l’Ucraina.

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