Il sociologo del Cremlino: rischiamo la guerra civile in Russia
In un articolo il capo dell’amministrazione presidenziale per il monitoraggio e le analisi dei processi sociali stigmatizza quanti teorizzano "uno Stato completamente post-russo". E annuncia l’imminente approvazione di una nuova legge sull’educazione patriottica, che impegnerà tutti gli organi del potere, le istituzioni educative e altre strutture sociali dello Stato
Mosca (AsiaNews) - Il principale sociologo del Cremlino, Aleksandr Kharičev, ha diffuso un monito circa la possibile esplosione di una guerra civile nella Federazione russa, per l’accumularsi di conflitti sociali, economici e politici, nonostante il regime di feroce repressione di ogni forma di dissenso. In un articolo per la rivista Gosudarstvo (“Lo Stato”) dal titolo “Chi siamo noi?”, il capo dell’amministrazione presidenziale per il monitoraggio e le analisi dei processi sociali ha invitato a riflettere sul “codice genetico” della Russia, indicando la guerra civile come una delle sfide che non vanno sottovalutate nelle condizioni attuali. L’articolo cerca di rispondere anche ai recenti incontri del Forum dei “Liberi Stati della post-Russia”, che si riunisce regolarmente in vari Paesi per esprimere la volontà di costruire “non una nuova Russia, ma uno Stato completamente post-russo”.
Le altre sfide segnalate riguardano la perdita della sovranità politica, territoriale e culturale, il calo demografico, la sempre minore fiducia dei cittadini russi nei confronti delle autorità e il crollo del sistema politico, fino alla “disumanizzazione” e alla riduzione dei russi in semplici “soggetti del consumo”. Serve quindi, secondo Kharičev, la “formazione di uno spazio sociale solidale e compatto”, basandosi sul mantra ideologico “Non abbandoniamo i nostri”, considerato il “vero codice della nostra civiltà”, che permette di difendersi dalla perdita della sovranità a tutti i livelli.
Il sociologo supremo ha annunciato l’imminente approvazione di una nuova legge sull’educazione patriottica, che impegnerà tutti gli organi del potere, le istituzioni educative e altre strutture sociali dello Stato a formare i cittadini nelle dimensioni corrispondenti alle reali necessità per il futuro del Paese. Egli ha sottolineato che la guerra contro l’Ucraina al momento “ha aiutato a impedire la perdita della sovranità”, ricordando che le élite del Paese erano fino a qualche anno fa abituate a inviare i propri figli a studiare all’estero, garantendosi in altri Paesi una sicura condizione pensionistica. I più ricchi “si orientavano sulla Costa Azzurra, i più poveri verso il Montenegro, e comunque perdevamo i migliori uomini, andando verso l’esaurimento del nostro potenziale economico, tecnologico e politico… per la Russia la Svo [Operazione militare speciale in Ucraina] è stata davvero una purificazione”.
Il calo demografico che minaccia sempre più i destini futuri della Russia viene definito “un problema comune a livello mondiale, come conseguenza dell’esperimento globalista”, che ha diffuso ovunque “un virus che ha infettato la mentalità con categorie inadeguate e sconsiderate”, come la “propaganda child-free e Lgbt”. Tutto questo rischia di “farci precipitare in un burrone demografico, fino all’annientamento del nostro popolo”. Come risposta Kharičev insiste nella diffusione dei valori familiari, fino a creare “la moda delle famiglie numerose”, magari anche al cinema, dove nei film si devono mostrare soltanto famiglie che hanno almeno tre figli.
Per rafforzare la fiducia dei cittadini verso il potere, il sociologo ritiene indispensabile praticare la meritocrazia, il principio di amministrazione secondo cui ai posti di comando devono essere collocate le persone più capaci, lasciando intendere che attualmente non è affatto questa la caratteristica della pubblica amministrazione. Inoltre bisogna saper educare “l’uomo del futuro” che sia ben fondato sui valori del “patriottismo attivo”, del “lavoro creativo”, del servizio e della solidarietà, dell’unità dei popoli e delle norme etiche tradizionali: “non ci servono i patrioti da divano, ma persone in grado di rispondere ai bisogni di sé stesse, della propria famiglia e del proprio Paese”, conclude Kharičev.
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