23/07/2011, 00.00
BANGLADESH – INDIA
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Inaugurato il primo "mercato di confine" tra Bangladesh e India

di Nozrul Islam
Nel Border Haat si venderanno solo prodotti locali. Il mercato dovrebbe fruttare circa 20milioni di dollari all’anno. La mossa, che ha lo scopo di promuovere il benessere delle popolazioni che vivono lungo la frontiera indiana e bengalese, è segno di un riavvicinamento tra i due Stati.
Dhaka (AsiaNews) – Il ministro bengalese per il Commercio M Faruk Khan e la sua controparte indiana Anand Sharma hanno inaugurato insieme il primo Border Haat (mercato di confine) tra Bangladesh e India. Il mercato sorge lungo la striscia tra Kalaichar (distretto di Meghalaya, India) e Baliamari (distretto di Kurigram, Bangladesh), e ha lo scopo di promuovere il benessere delle popolazioni che vivono nelle aree più remote – lungo i confini indiani e bengalesi – instaurando un sistema tradizionale di commercio di prodotti locali. Il guadagno derivato dall’apertura del Border Haat è stato stimato di circa 20milioni di dollari all’anno.

“Le merci in vendita dovranno essere solo prodotti locali – ha dichiarato il ministro del Commercio indiano –, frutta, verdura, spezie, bamboo, ginestre, oltre a utensili per l’agricoltura e capi d’abbigliamento”.

L’haat rappresenta un nuovo capitolo nelle relazioni commerciali tra i due Paesi – interrotte nel 1971 durante la guerra che portò alla nascita del Bangladesh – che negli ultimi due anni stanno cercando di ricucire i rapporti. L’apertura del mercato, infatti, segue il primo censimento congiunto di India e Bangladesh (14-18 luglio scorsi) sulle enclavi lungo i confini: 111 quelle indiane in Bangladesh, solo 51 quelle bengalesi in India. Quest’ulteriore mossa ha però un valore politico prima ancora che sociale: le enclavi – da sempre terreno fertile per il contrabbando, il passaggio di ribelli e di clandestini – sono teatro di tensioni quotidiane, perché le persone perdono i contatti con il Paese d’origine ma al tempo stesso non possono usufruire dei diritti dello Stato in cui vivono. Che spesso, anzi, cercano di rimpatriarli.
 
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