09/05/2024, 18.18
VATICANO
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La Porta Santa in carcere e le culle vuote: le sfide del Giubileo della speranza

Nella solennità dell'Ascensione papa Francesco ha pubblicato questa sera la bolla "Spes non confundit" che indice l'Anno Santo del 2025, consegnandola alle Chiese di tutto il mondo. Il pontefice rilancia l'impegno a far tacere le armi e a condonare il debito dei Paesi poveri: "È una questione di giustizia". L'auspicio che la coincidenza con i 1700 anni dal Concilio di Nicea, sia un invito a passi visibili nel cammino ecumenico cominciando dalla data della Pasqua.

Città del Vaticano (AsiaNews) - “Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”. Sono i tratti fondamentali che papa Francesco delinea per il Giubileo dell’Anno 2025 nella sua Bolla di indizione Spes non confundit (“La speranza non delude” Rm 5,5), resa nota questa sera a Roma durante i secondi vespri della solennità dell’Ascensione. In una celebrazione presieduta nell’atrio della basilica di San Pietro, Francesco - davanti alla Porta Santa ancora chiusa - ha indetto ufficialmente il Giubileo ordinario che la Chiesa celebra ogni 25 anni e che inizierà proprio con l’apertura di quella porta la notte di Natale 2024. E lo ha fatto consegnando simbolicamente il documento che racchiude tutto ciò che la Chiesa vuole mettere al centro di questo evento, ad alcuni presuli e cardinali in rappresentanza delle Chiese di tutto il mondo: per i vescovi dell’Asia l’ha ricevuta il card. Luis Antonio Tagle, filippino, pro-prefetto del dicastero per l’Evangelizzazione.

La bolla indica le date fondamentali della celebrazione del Giubileo, che - come già negli ultimi Anni Santi della Chiesa cattolica - potrà essere celebrato anche nelle singole diocesi dai pellegrini che non potranno recarsi a Roma. Nelle cattedrali di tutto il mondo inizierà domenica 29 dicembre 2024 e terminerà domenica 28 dicembre 2025, alcuni giorni prima della conclusione solenne a Roma che avverrà il 6 gennaio 2026, nella solennità dell’Epifania. Ma il documento spiega soprattutto che in questo Giubileo il tema della speranza - scelto da Francesco come guida - non dovrà essere un’ispirazione eterea, ma dovrà prendere corpo attraverso una serie di segni.

Uno in particolare lo annuncia papa Francesco già nelle pagine di Spes non confundit: in questo Anno Santo ci sarà una Porta Santa anche in un carcere e sarà il pontefice stesso ad aprirla solennemente, perché anche per i detenuti sia “un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”. Un segno da associare anche a “iniziative che restituiscano speranza” a chi è in carcere. Come già aveva fatto Giovanni Paolo II nel 2000, papa Francesco torna quindi a chiedere “atti di clemenza” nella forma di “amnistia o condono della pena”, ma anche un impegno forte dei credenti perché chiedano “con una voce sola e con coraggio condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e soprattutto l’abolizione della pena di morte, provvedimento contrario alla fede cristiana”.

Accanto al carcere sono ovviamente anche tanti altri i “segni dei tempi” che papa Francesco - nella bolla Spes non confundit - invita a raccogliere come terreni concreti con cui confrontarsi per aiutare il mondo a “non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza”. Il primo oggi non può che essere la pace, in un mondo così immerso nella tragedia della guerra. Il pontefice ricorda con dolore “le tante popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza” e si chiede amaramente: “Cosa manca ancora a questi popoli che già non abbiano subito?”. Per questo il Giubileo della speranza dovrà essere occasione per ricordare a tutti che “quanti si fanno operatori di pace saranno chiamati figli di Dio”.

Ma per papa Francesco c’è anche un altro ambito oggi nel mondo segnato in maniera fortissima dalla mancanza di speranza: la “perdita del desiderio di trasmettere la vita” che assume il volto dell’inverno demografico provocato dal calo della natalità. Il pontefice ricorda l’urgenza dell’impegno legislativo degli Stati per favorire modelli sociali aperti alla generatività. Ma è alla comunità dei credenti che spetta il compito di testimoniare che “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza”. Invoca in proposito “un’alleanza sociale per la speranza”, contrapposta alla tentazione di “sopravvivere o vivacchiare, lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali”.

Chiede inoltre segni di speranza per gli ammalati, per i giovani, per gli anziani soli, nell’accoglienza dei migranti, nell’ascolto del grido dei poveri che “scandalosamente sono la maggior parte, miliardi di persone”. Per loro chiede che nell’Anno giubilare le nazioni più ricche abbiano il coraggio di “condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli”. “Prima che di magnanimità - commenta Francesco - è una questione di giustizia”.

Nella bolla di indizione del Giubileo il pontefice ricorda, poi, come il 2025 venga a coincidere con i 1700 anni dalla celebrazione del primo grande Concilio ecumenico a Nicea, quello che definì il “Credo” che ancora oggi professiamo. Questa “pietra miliare della storia della Chiesa” - auspica il pontefice - diventi “un invito a tutte le Chiese e comunità ecclesiali a procedere nel cammino verso l’unità visibile”, iniziando dalla definizione di una data comune della celebrazione della Pasqua, che provvidenzialmente proprio nel 2025 coincide nel calendario Gregoriano e in quello Giuliano.

In tutto questo l’Anno Santo - scrive Francesco - sia un tempo per “ancorarsi” alla ragione della nostra speranza: “la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore”. Il Giubileo - spiega il papa – è un tempo per tornare a porsi la domanda sulla morte, di fonte alla quale “non è consentita nessuna retorica”, ma solo la riscoperta della “vita nuova ricevuta nel Battesimo, in grado di trasfigurarne il dramma”.  A questo proposito il pontefice cita la testimonianza dei martiri – “presenti in tutte le epoche e forse più numerosi che mai ai nostri giorni” –  quali “confessori della vita che non conosce fine”.

Il fine ultimo della vita, infatti, è “una felicità che si compia definitivamente in quello che ci realizza, ovvero nell’amore”. Ed è questo anche il senso più profondo dell’indulgenza giubilare: “Perdonare – spiega papa Francesco – non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore, vendetta”.

Sia “un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio - conclude il pontefice -. Ci aiuti pure a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato”. Perché la testimonianza credente possa essere nel mondo “lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova, dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore”.   

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