22/08/2025, 13.09
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La pax trumpiana tra Delhi e Pechino

Finora l'unico vero riavvicinamento favorito (involontariamente) dal tycoon attraverso i dazi è quello all'ombra dell'Himalaya. Ma già dai suoi primi passi si prospetta come una strada in salita per l'India.

Delhi (AsiaNews/Agenzie) - La visita in India del ministro degli Esteri cinese Wang Yi e l'imminente viaggio in Cina del premier indiano Narendra Modi - che la prossima settimana dopo sette anni rimetterà piede nel territorio dell'ingombrante vicino per prendere parte personalmente al vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai a Tianjin - stanno mostrando anche visivamente la velocità del riavvicinamento tra Delhi e Pechino innescato dai dazi di Trump. L'atteggiamento incomprensibilmente duro della Casa Bianca con tariffe al 50% nei confronti dell'India, motivato con gli acquisti di petrolio russo (che non sembrano invece essere un problema quando si tratta della Cina) sta provocando effetti imprevedibili fino a poche settimane fa. E c'è chi già ironizza sul fatto che l'unica vera "pace" che Trump starebbe realizzando è quella tra il Dragone e l'Elefante all'ombra dell'Himalaya.

A disperarsi è la schiera di funzionari che al dipartimento di Stato Usa negli ultimi anni aveva lavorato al riavvicinamento con Delhi, anche nell'ottica di un'alternativa a Pechino nelle catene di approvvigionamento. Un approccio lontano anni luce dai toni di oggi dell'amministrazione Trump. E i dazi sono arrivati dopo gli altri schiaffi sui visti per migliaia di indiani negli Stati Uniti nell'ambito della stretta contro i migranti. E l'insistenza poco gradita del tycoon nell'attribuirsi i meriti del cessate il fuoco nello scontro armato di qualche settimana fa con il Pakistan.

Messo alle strette, il premier Modi non poteva che fare leva sull'orgoglio nazionale per rispondere ai diktat di Washington. E mentre Putin sbandierava la telefonata con cui lo ha aggiornato sugli esiti dei colloqui di Anchorage e il ministro degli Esteri Jaishankar andava in visita a Mosca, a Delhi riprendevano quota i BRICS, il Forum internazionale alternativo al G7 promosso da Pechino al cui interno finora l'India era sempre stato il partner più tiepido. Ma l'asse con la Cina non è comunque una via d'uscita indolore per Delhi. E già le cronache di questi giorni lo stanno mostrando

Il sito The Wire elencava ieri “sette domande senza risposte” sulla visita di Wang Yi, sostenendo che questo repentino riavvicinamento starebbe avvenendo alle condizioni dettate da Pechino. Emblematica la questione del riferimento al riconoscimento di “Taiwan come parte della Cina” comparso nel resoconto del ministero degli Esteri cinese ma non in quello di Delhi, che si è dovuta poi affrettare a smentire cambiamenti nella posizione ufficiale del proprio governo sull’argomento.

Ma anche sulla questione più calda - quella dei confini nella regione contesa del Ladakh, al centro degli scontri tra i due eserciti avvenuti nel 2020 all’ombra dell’Himalaya - la ripresa dei voli diretti, del commercio transfrontaliero e dei pellegrinaggi, annunciata durante il vertice, avverrebbe senza progressi sostanziali sulla questione fondamentale dei confini. Non ci sarebbe ciò quel ritorno allo status quo, che era stata la pre-condizione posta sempre da Delhi.

Per non parlare poi della questione caldissima del sostegno militare di Pechino al Pakistan, emersa in maniera eclatante durante il recente conflitto. Pur essendo stato certamente sollevato nei colloqui, del tema non c’è traccia nei comunicati ufficiali. E il fatto che Wang Yi da Delhi sia poi volato direttamente a Islamabad dove con il capo dell’esercito Asim Munir - figura ormai sempre più centrale negli equilibri del Paese - ha discusso del “rafforzamento della partnership strategica” non è una notizia molto rassicurante per l’India.
Quanto poi alle stesse relazioni commerciali - l’ambito più colpito dallo scontro con Washington - i vantaggi dell’alleanza con Pechino contro i dazi sono tutti da verificare. Già oggi infatti - osserva The Wire - la bilancia commerciale è fortemente squilibrata dalla parte di Pechino. L’aumento degli scambi con la Cina potrebbe aggravare ulteriormente la disparità, indebolendo la posizione economica dell’India.

 

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