19/10/2011, 00.00
ISRAELE-PALESTINA
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L’accordo su Shalit nella stampa araba e israeliana: timori e speranze

Le analisi dei giornali in Medio Oriente si dividono fra quanti vedono nello scambio un segno negativo per un futuro accordo fra Israele e i palestinesi, e chi invece coglie elementi di fiducia. Duro Haaretz: “Quasi tragicamente, Israele è andato molto vicino a rafforzare il campo della guerra, e a indebolire il campo della pace fra i palestinesi”.
Gerusalemme (AsiaNews) – La liberazione di Gilad Shalit dalle mani di Hamas, e della prima tranche di 477 prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane ha provocato reazioni e commenti di taglio molto diverso nel mondo arabo e israeliano. Un’analisi del quotidiano Haaretz (Israele) osserva che “dopo quattro anni, Hamas ha rialzato la testa in Cisgiordania. Lo sta facendo con l’aiuto di Israele… Sin dal giugno 2007 i sostenitori di Hamas in Cisgiordania hanno evitato raduni e dimostrazione; erano persino prudenti nell’innalzare la bandiera verde di Hamas”. Il quotidiano afferma che la vista di quelle bandiere non è qualcosa di cui gli spettatori israeliani devono essere felici: “Quasi tragicamente, Israele è andato molto vicino a rafforzare il campo della guerra, e a indebolire il campo della pace fra i palestinesi”.

Secondo un primo commento di Yedioth Ahronoth (Israele) “Gli arabi sono i chiari vincitori nello scambio di Shalit…i sostenitori di Hamas hanno segnato la gioiosa occasione della liberazione dei loro concittadini dalla prigione chiedendo nuovi attacchi terroristici”. Ma sullo stesso giornale Miki Goldwasser, la madre di un soldato catturato e ucciso da Hezbollah nel 2006, sostiene che anche se i familiari dei terroristi liberati “erano felici, come lo siamo noi nel vedere il ritorno di Gilad Shalit, non hanno vinto, e lo sanno. Sono stati umiliati proprio perché così tanti terroristi sono stati rilasciati per un soldato. Capiscono di non valere molto, se hanno voglia di scambiare 1000 prigioni per un solo soldato israeliano”.

Uri Avnery, una personalità israeliana nel campo della pace (è leader di “Gush Shalom”, “Pace adesso”) ricorda che “non è la prima volta nella storia che qualcuno è considerato uno spregevole terrorista da una parte e un combattente della libertà dall’altra”. Lo stesso Uri Avnery a 15 anni si è unito all’Irgun, un movimento terrorista israeliano, per protestare contro l’esecuzione di Shlomo Ben Yosef, che aveva mitragliato un autobus civile palestinese pieno di donne e bambini. “In Israele, Shlomo Ben Yosef è considerato un eroe, la cui immagine è sui francobolli e a cui si dedicano strade”. Avnery sottolinea che se non si “passa da un accordo per lo scambio di prigionieri a un accordi di pace fra lo Stato di Israele e lo Stato palestinese”, e continueranno occupazione e oppressione, “il conflitto continuerà, e così lo spargimento reciproco di sangue”.

Gulfnews” (Dubai) sottolinea che lo scambio “non è stato un gesto umanitario da nessuna delle due parti…la liberazione avrebbe potuto accadere in un momento qualunque, ma adesso era conveniente a entrambi per un loro vantaggio politico”. Sia Hamas che il governo israeliano “sono stati messi sotto pressione sia dal presidente palestinese Mahmoud Abbas con la richiesta di riconoscimento all’Onu che dal nuovo dinamismo politico nella regione creato dagli eventi della primavera araba”. Un’analisi condivisa da “Khaleej Times” (Dubai) che elogia Abbas perché anche se questo “è il momento di Hamas” ha deciso di partecipare alla vittoria, mandando “un chiaro messaggio di unità e forza nella leadership palestinese”. Il quotidiano spera che dagli incontri della prossima settimana del “Quartetto” con israeliani e palestinesi possano aprirsi spiragli nuovi, senza nascondersi che “ogni negoziato di pace anche se rimesso in moto crollerà a meno che Israele non ceda” sul tema degli insediamenti.”

Meno ottimista il libanese “L’Orient-le-Jour”, secondo cui il fatto che dall’accordo “i radicali di Hamas ottengano un prestigio legittimo, e che di colpo Mahmoud Abbas si trovi un po’ più marginalizzato non può che confortare la politica di dilazione e rosicchiamento della terra praticata dal governo israeliano”. Sempre da Beirut invece il “Daily Star” vede un altro significato, nello scambio, e cioè che “il processo di negoziato fra nemici ha una speranza di successo”. Ma solo se il Quartetto e la comunità internazionale “esercitino pressione sulla parte belligerante, Israele, per ottenere un progresso reale”.
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