02/07/2004, 00.00
HONG KONG – CINA
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Mons. Zen: Noi cristiani, democratici e amanti della Cina

Discorso integrale di mons. Joseph Zen al Victoria Park il 1 Luglio

Hong Kong (AsiaNews) - Prima della marcia per la democrazia ieri 1 luglio, al Victoria Park, si sono radunati circa  10mila fra cattolici e protestanti per un momento di preghiera e riflessione comune. A guidare l'incontro vi erano mons. Joseph Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong, il rev. Ralph Lee Ting-sun della Chiesa metodista e il rev. Eric So Shing-yit del Consiglio dei cristiani di Hong Kong. Ecco il discorso integrale tenuto da mons. Zen (trad. a cura di AsiaNews)

 

Venerdì scorso la Commissione di Giustizia e Pace mi ha chiesto con urgenza di dare loro un discorso da pronunciare oggi all'incontro di preghiera. Il salmo responsoriale della messa di quel giorno mi ha dato l'ispirazione. Il salmo 137 descrive il popolo di Dio in schiavitù, esiliato a Babilonia, lontano da Gerusalemme. Dopo un giorno di lavoro duro essi siedono sulla riva del fiume e piangono e ricordando la loro patria, appendono le loro cetre sui salici. I guardiani dicono loro: Cantate per noi uno dei vostri canti di Sion!". E come potrebbero avere il cuore di cantare. Dal loro cuore viene fuori solo un grido: "Se ti dimentico, Gerusalemme, mi si secchi la mano destra! Che la mia lingua si attacchi al palato (che io diventi muto)". Io penso che questo salmo ci aiuta a esprimere la tristezza del nostro cuore.

Il 1 Luglio è l'anniversario del ritorno sotto la sovranità della nostra patria. Il che, certo, è una cosa buona. Non dovremmo celebrare? Ma di fatto non siamo nello spirito di celebrare!

Non fraintendetemi. Voglio sottolineare ancora, come ho fatto altre volte: è giusto il nostro ritorno alla Cina ed è giusto celebrare. Alla messa di ringraziamento e di preghiera il 1 Luglio 1997 ho detto nell'omelia: "Cento anni fa un governo impotente ha accettato i trattai ineguali e ha consegnato questa terra, che è parte della Cina, alla Gran Bretagna. Era uno scambio immorale. Oggi, nel clima di anticolonialismo e dopo che la Cina si è levata come una nazione forte nella scena internazionale, questa ingiustizia storica è stata sanata. Tutto ciò è buono e giusto. Dio, che è il Signore della giustizia, sta applaudendo [per questo] e noi lo esaltiamo con grande giubilo".

Ma nella stessa occasione ho detto: "Non dobbiamo solo celebrare la fine di 150 anni di umiliazione nazionale. Noi siamo qui per vedere il presente e guardare verso il futuro. Il 1 luglio non è solo un giorno di celebrazione. Esso è anche un momento di impegno". E ho aggiunto: "Noi speriamo che il ritorno politico sia anche un ritorno culturale di Hong Kong per la Cina e che attraverso il ritorno culturale, vi sia anche un ritorno religioso". Il ritorno alla madrepatria è un evento meraviglioso, ma far ritornare il regno di Dio è ancora più meraviglioso. "Il regno di Dio ci chiede di trasformare noi stessi e il mondo. Mentre celebriamo il ritorno di Hong Kong alla Cina, non dimentichiamo che vi sono ancora diversi problemi che attendono da noi una soluzione".

Oggi, dopo 7 anni dal ritorno, la nostra situazione sembra ancora più distante dal regno celeste: siamo ancora in esilio e c'è più tristezza che gioia.

Sette anni fa, i tre vescovi che rappresentano la Chiesa cattolica [card. John Baptist Wu, ordinario; mons. Zen e mons. John Tong, vescovi ausiliari di Hong Kong – ndr]  hanno preso parte alla cerimonia del ritorno di Hong Kong alla Cina. Noi siamo stati testimoni di questo grande evento. Ma sono seguiti molti episodi incresciosi che ci hanno portato ad assumere una posizione in conflitto con il governo della Sar [la regione a speciale amministrazione, come è definita Hong Kong dalla Cina]: il diritto di asilo, l'articolo 23 della Basic Law, ecc… Ciò non ci fa pensare che il ritorno è stata una cosa cattiva. Ma poiché ora siamo padroni del nostro destino e godiamo di un alto grado di autonomia, secondo il principio "una nazione, due sistemi", abbiamo il diritto e il dovere di prendere parte attiva negli affari pubblici. Dobbiamo usare la nostra libertà di parola e kle altre libertà in modo positivo, per portare il regno di Dio.

Lo scorso anno, il 1 luglio, al mattino ho preso parte alla cerimonia dell'alza-bandiera e al ricevimento per l'anniversario del ritorno. Nel pomeriggio sono venuto al Victoria Park per l'incontro di preghiera e per incoraggiare i miei fratelli e sorelle a prendere parte alla marcia di protesta. Lo stesso avviene quest'anno. Non vi è contraddizione in questo. Protestare è il modo con cui si completa il processo del ritorno, per accelerare l'arrivo del regno di Dio e rendere possibile per ognuno in Cina di essere orgoglioso di Hong Kong

Cari fratelli e sorelle, voi che siete qui presenti, permettetemi di esprimere anche da parte vostra l'insoddisfazione che è nel nostro cuore. Per motivi nascosti e dubbi, alcuni hanno creato sfiducia fra noi e il governo centrale col risultato che il governo centrale ha il sospetto che noi siamo anti-patriottici, che lavoriamo per l'indipendenza. Di conseguenza, il governo centrale ha messo il veto al suffragio universale del 2007 e 2008, ancora prima che avessimo la possibilità di discutere il tema. Oggi noi marciamo per chiedere al governo centrale, che siamo stati diffamati e domandiamo giustizia.

Noi abbiamo fiducia che i leader del governo centrale capiranno i motivi della marcia di protesta sono la stabilità e la prosperità di Hong Kong a lungo termine e per dimostrare al mondo la vitalità del principio "una nazione, due sistemi". Noi crediamo che se avremo la fiducia dei leader del governo centrale e della Sar, la gente di Hong Kong sarà unita per risolvere i nostri stessi problemi e, invece che essere un fardello per la madrepatria, potremo contribuire positivamente alla nostra nazione.

Cari fratelli e sorelle in Cristo, siamo felici di vedere che vi sono segni di riconciliazione in questi giorni. I rami di ulivo sono un simbolo del nostro desiderio di speranza e di pace. Possa la nostra marcia oggi essere completamente pacifica. Se vi saranno provocazioni, vi chiedo di non reagire, di non rispondere con parole a parole, pugno con pugno. La cosa più importante  è che nei giorni dopo la marcia , noi continuiamo a perseguire i nostri ideali di democrazia e libertà, con pazienza e perseveranza, ognuno al suo posto di combattimento:  seminiamo i semi della democrazia e della speranza, come genitori, insegnanti, avvocati, giornalisti, nei partiti politici.

 

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