09/06/2008, 00.00
GIAPPONE - G8
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Nel futuro del G8 si profila uno scontro Usa-Asia sull’energia

Chiuso senza chiare decisioni unitarie il vertice dei ministri del G8, allargato a Cina, India e Sud Corea, dominato dal prezzo del petrolio. Gli Usa accusano l’Asia di causare maggior consumo con sussidi alla popolazione, ma India e Cina non accettano il rilievo.

Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – Per contrastare gli effetti della corsa del prezzo del petrolio, giunto a sfiorare i 140 dollari al barile, occorre migliorare l’efficienza interna, piuttosto che insistere con l’Organizzazione dei Paesi produttori (Opec) per un aumento della produzione. E’ quanto emerge dai due giorni di riunioni dei ministri dell’Energia degli 8 Paesi più industrializzati riuniti a Aomori (Giappone), con la partecipazione anche di Cina, India e Corea del Sud.

Le 11 Nazioni che rappresentano oltre il 60% del consumo di energia, tra cui gli Stati Uniti (maggior consumatore mondiale) e la Russia (secondo maggior produttore), non hanno raggiunto precise posizioni unitarie verso i Paesi produttori, a parte l’espressione di “gravi preoccupazioni” per il prezzo del petrolio. Del resto i Paesi Opec hanno più volte respinto le richieste di aumentare la produzione, dicendo che l’offerta attuale copre la domanda e che i prezzi sono sotto controllo. Fonti Opec hanno ieri ribadito che non è previsto alcun loro incontro prima di settembre. Anche se l’Arabia Saudita ha promesso di aumentare la produzione di petrolio la prossima estate, questo non ha frenato la salita del prezzo. Da qui l’indicazione di aumentare l’efficienza nell’uso di energia e di privilegiare fonti alternative.

Peraltro Sam Bodman, segretario Usa per l’Energia, ha accusato che “la domanda [di energia] è in crescita, perché molte Nazioni danno sussidi” per tenere basso il prezzo interno e favorire il consumo e lo sviluppo. Ma l’indiano Hemat Krishnan Singh ha risposto che i sussidi sono necessari per lo sviluppo del Paese. Gli fa eco Zhang Guobao, capo dell’Ufficio statale cinese per l’Energia, secondo cui nel Paese “ci sono ancora industrie deboli come l’agricoltura, i taxi e il settore del trasporto pubblico”. Questi Paesi vogliono anche così contenere l’inflazione che minaccia di minarne lo sviluppo economico.

La Cina da metà del 2006 ha aumentato il prezzo interno del carburante appena del 10% mentre è più che raddoppiato sul mercato e spende circa 25 miliardi di dollari annui in sussidi nel settore dell’energia, rispetto ai circa 20 miliardi del governo indiano. Di recente Indonesia, Taiwan, Malaysia e Sri Lanka hanno tagliato i sussidi, troppo onerosi per lo Stato. (PB)

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