23/06/2025, 14.44
SIRIA
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Nella strage alla chiesa di Sant’Elia tutte le paure per Damasco

di Dario Salvi

Il governo attribuisce allo Stato islamico l’attentato di ieri che ha provocato decine di morti tra i cristiani, ma non vi sono certezze e il gesto non è stato sinora rivendicato. Lo sfogo di una fonte di AsiaNews: le autorità impegnate ad applicare la sharia e firmare accordi con Qatar e Turchia, più che a “costruire una vera nazione”. P. Jihad (Mar Musa): "Non cadiamo nella trappola di chi vuole colpire l'opera di ricostruzione del Paese". Ordinari Terra Santa: un “atto barbaro” che causa “profondo shock e repulsione”.

Milano (AsiaNews) - In Siria “non c’è sicurezza”, si vedono persone “che camminano per le strade”, perlopiù ragazzi “che in passato erano al soldo dei gruppi armati” e adesso “vengono chiamati a svolgere” funzioni di polizia pur non avendone i requisiti. L’attentato di ieri alla chiesa greco-ortodossa di Damasco “è fonte di shock” ma non è giunta inaspettata, perché è conseguenza di una “situazione terribile”. È quanto racconta ad AsiaNews, dietro garanzia di anonimato, una fonte diplomatica della capitale secondo cui “da anni non si registrava un attacco bomba così devastante durante una messa, anche se non è giunto inaspettato”. “Viviamo in una situazione di incertezza” prosegue, e a pagare il prezzo sono persone “riunite a pregare”. 

È di oltre 30 morti e 90 feriti, di cui 43 in modo grave, il bilancio aggiornato dell’attentato di ieri nella chiesa greco-ortodossa di sant’Elias nel quartiere di Dwelah, a Damasco, che ospita una consistente comunità cristiana. L’assalitore è entrato nel luogo di culto affollato per la celebrazione in corso - presenti anche diversi bambini - e ha prima aperto il fuoco con un Kalashnikov, per poi azionare la cintura esplosiva facendosi saltare in aria. Secondo le informazioni fatte filtrare dal governo, l’omicida sarebbe un jihadista legato allo Stato islamico (SI, ex Isis), movimento radicale che nel momento di massima espansione nel 2015 controllava metà dei territori di Siria e Iraq, sebbene finora non risultino rivendicazioni ufficiali. Il ministro siriano dell’Informazione Hamza al-Mustafa parla di “atto vile” che “contraddice i valori di cittadinanza che ci uniscono” mentre non ci sono dichiarazioni del leader e presidente ad interim Ahmad al-Sharaa. 

“Le autorità - prosegue la fonte raggiunta al telefono - hanno subito attribuito all’Isis l’attacco, ma non vi sono state indagini adeguate” e anche in materia di sicurezza il quadro è preoccupante: “Il governo sembra più interessato a implementare la sharia [la legge islamica, ndr], a imprimere direttive in materia di abbigliamento e di vietare l’alcol. Questo sembra importare, oltre a firmare accordi con Qatar e Turchia di cui non si conoscono bene i contenuti, più che creare una nazione capace di proteggere i cittadini o rispettare i diritti”. La questione, sottolinea, è “interna, a maggior ragione oggi in cui Iran, Israele e Stati Uniti sono coinvolti in un conflitto diretto e la Siria è diventata uno scenario secondario”. E a pagare il prezzo sono i cristiani che, secondo la fonte, sono “dimenticati dall’epoca di Assad. Adesso i governi internazionali, a partire dall’Europa, dicono di voler far tornare i rifugiati perché vi è un quadro di sicurezza e mostrano di sostenere questo governo, togliendo tutte le sanzioni, ma la realtà sul terreno è diversa, come mostra quanto successo ieri”.

Si tratta del primo attentato suicida nella capitale dal rovesciamento, a cavallo fra novembre e dicembre, del decennale regime di Bashar al-Assad da parte delle milizie di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) guidate da al-Sharaa. Una fonte della sicurezza riferisce che nell’attentato sarebbero coinvolti due uomini, incluso quello che si è fatto saltare in aria. L’Isis avrebbe compiuto diversi tentativi di attacchi alle chiese in Siria dalla caduta degli Assad, ma questo è stato il primo ad avere successo dopo mesi di propaganda e operazioni di basso livello dei miliziani.

Negli ultimi mesi i vertici del movimento avrebbero approfittato delle guerre regionali - da Gaza fino all’escalation di questi giorni in Iran, che vede coinvolti anche gli Stati Uniti - per riorganizzarsi e tornare a colpire. La comunità cristiana, dopo alawiti e drusi, è solo l’ultima a finire nel mirino dei radicali e terroristi sunniti. Gruppi che oggi controllano il Paese dopo l’ascesa al potere di Hts e dei suoi miliziani, dopo aver cacciato gli Assad. Nelle ore successive all’attentato migliaia di cristiani sono scesi in piazza per manifestare, chiedendo sicurezza e libertà. 

Fra i primi a condannare l’attentato, avvenuto nel giorno della commemorazione di tutti i santi di Antiochia, il patriarcato greco-ortodosso che parla di “atto vergognoso” opera di una “mano traditrice del peccato”. I vertici della Chiesa si rivolgono alle autorità perché si assumano “la piena responsabilità per la violazione della sacralità” dei luoghi di culto cristiani e “la protezione di tutti i cittadini”. Il patriarca Giovanni X sta seguendo l’evolversi della situazione, per trasmettere ai leader delle diverse Chiese quello che ha definito un quadro “cupo” da Damasco, chiedendo un’azione internazionale urgente per fermare questi “massacri”.

In un messaggio affidato ai social p. Jihad Youssef, della comunità monastica di Mar Musa fondata dal gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio, definisce l’attacco un “misero e vizioso tentativo di colpire” l’opera di ricostruzione del Paese. E di “distruggere ciò che rimane della fiducia” fra i membri della variegata società siriana. “Non dobbiamo cadere - prosegue - nella trappola della resa al terrorismo e al fondamentalismo religioso estremo, e non dobbiamo arrenderci per ritirarci dalle nostre responsabilità e ritirarci dal nostro ruolo affinché il sangue dei siriani degli ultimi quattordici anni non venga versato invano”. “Che la nostra solidarietà e unità di siriani siano con chiunque ha perso una persona cara - conclude - [e che] il nostro desiderio di risorgere in Siria sia più forte dell’odio”.

Di “profondo shock e repulsione” parla anche l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa, che in una dichiarazione ufficiale pubblicata oggi parla di gesto che “non ha alcuna giustificazione - religiosa, morale o razionale”. La nota prosegue invocando “la protezione dei luoghi di culto - sinagoghe, chiese e moschee” che è un “dovere garantito da religioni, valori umani, leggi e accordi internazionali”. Infine, gli Ordinari di Terra Santa condannano “questo atto barbaro” e si rivolgono alle autorità siriane chiedendo loro di “adottare tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la libertà dei cristiani in tutto il Paese”.

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