24/11/2025, 10.45
MALAYSIA - BANGLADESH
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Onu: sfruttamento e schiavitù per i lavoratori bangladeshi in Malaysia

di Jospeh Masilamany

Esperti delle Nazioni Unite invitano Dhaka e Kuala Lumpur a smantellare le reti di reclutamento fraudolento e proteggere i migranti dagli abusi. Fra i fattori di criticità il “crescente indebitamento”. I migranti dal Bangladesh gruppo più numeroso di lavoratori stranieri, con oltre 800mila permessi di lavoro attivi a giugno pari al 37% della forza straniera complessiva.

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha rinnovato le proprie preoccupazioni per quello che viene descritto come il “continuo sfruttamento” di lavoratori migranti dal Bangladesh in Malaysia, i quali devono fronteggiare un “crescente indebitamento” difficile da sostenere nel lungo periodo. In una dichiarazione rilasciata ai media locali gli studiosi, che fanno riferimento allo UN Human Rights Council, si sono detti “profondamente turbati” dalle persistenti accuse di pratiche di reclutamento fraudolente e di sfruttamento sistematico del lavoro.

Queste pratiche che rimangono diffuse in tutto il Paese, avvertono i membri Onu, continuano a causare “gravi violazioni dei diritti umani ai lavoratori e alle loro famiglie”. Le informazioni ricevute dall’organismo dell’assise internazionale indicano che migliaia di migranti sono stati reclutati attraverso la Bangladesh Overseas Employment and Services Ltd, con molti che avrebbero pagato commissioni di reclutamento superiori di oltre cinque volte al limite ufficiale. 

Al loro arrivo in Malaysia, molti si sono ritrovati già gravati da pesanti e onerosi debiti. Inoltre, una volta stabiliti nel Paese del Sud-est asiatico i lavoratori migranti sono vittime di una serie di abusi fra i quali: confisca dei passaporti; la promessa di lavori inesistenti; discrepanze tra i contratti e le condizioni di lavoro effettive; la condivisione non autorizzata dei dati personali; e ancora, l’accesso limitato al sostegno del governo.

Ad alcuni migranti sarebbero stati richiesti pagamenti aggiuntivi, mentre altri ancora sarebbero stati riassegnati a lavori o mansioni diverse da quelle prospettate al momento dell’assunzione, peraltro senza il loro consenso. Sono stati segnalati anche casi di lavoratori costretti a firmare false dichiarazioni, in cui essi affermavano di aver pagato solo le commissioni di reclutamento ufficiali prima di lasciare il Bangladesh.

Gli esperti delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per il fatto che una ristretta cerchia di agenzie di reclutamento continui a dominare il flusso di manodopera tra i due Paesi. Si tratta di attività e organismo che operano come fossero un sindacato chiuso, che può sfruttare una pratica diffusa di corruzione, mancanza di trasparenza e sfruttamento sistematico dei migranti. Per questo lanciano anche un appello ai governi di Kuala Lumpur e Dhaka, perché adottino “misure più severe” per contrastare il traffico di vite umane.

Il Bangladesh, spiegano, dovrebbe “rafforzare la supervisione delle agenzie di reclutamento, vietare le commissioni a carico dei lavoratori, fornire una formazione pre-partenza sui diritti dei lavoratori e istituire canali efficaci per consentire ai migranti di segnalare gli abusi e cercare rimedi”. Al contempo la Malaysia è chiamata a “rafforzare” protezioni e tutele contro “sfruttamento lavorativo e detenzione arbitraria, indagare sulle violazioni, fornire risarcimenti ai lavoratori coinvolti e smantellare le reti di sfruttamento che traggono profitto dal sistema di reclutamento”.

“Esortiamo entrambi i governi a intensificare i loro sforzi per garantire che i lavoratori migranti non siano criminalizzati o nuovamente vittimizzati e che le agenzie di reclutamento fraudolente e gli altri soggetti responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni” afferma la nota Onu. I migranti dal Bangladesh costituiscono il gruppo più numeroso di lavoratori stranieri in Malaysia, con oltre 800mila permessi di lavoro attivi a giugno, pari al 37% della forza lavoro straniera complessiva. Nonostante la loro presenza significativa in settori chiave dell’economia nazionale, molti di essi continuano a lottare con debiti, inganni e condizioni di lavoro che rasentano lo sfruttamento, questioni che hanno provocato proteste e richieste di riforme.

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