06/01/2024, 13.20
VATICANO
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Papa a 60 anni dall'incontro tra Paolo VI e Atenagora: avanti sulla strada dell'unità dei cristiani

Bergoglio all'Angelus dell'Epifania ha ricordato lo storico incontro del 1964: "Rotto un muro di incomunicabilità durato secoli. Impariamo dal loro abbraccio". Nuovo appello per la pace in Medio Oriente e in tutto il mondo: "Tante vittime delle guerre, tanta distruzione". Sulla Giornata Mondiale dell’infanzia missionaria: "Ringrazio bambini e ragazzi per il sostegno concreto all’annuncio del Vangelo". 

Città del Vaticano (AsiaNews) - Oggi, Solennità dell’Epifania del Signore, Papa Francesco dopo aver presieduto la Santa Messa alle ore 10 nella Basilica di San Pietro, alla presenza di 6mila fedeli, si è affacciato dal Palazzo Apostolico per la recita dell’Angelus. Da lì, durante il suo intervento conclusivo, ha ricordato l’incontro tra San Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora, avvenuto a Gerusalemme il 5 gennaio 1964 “rompendo un muro di incomunicabilità che per secoli aveva tenuti lontani cattolici e ortodossi”, ha spiegato Bergoglio. “Impariamo dall’abbraccio di questi due grandi della Chiesa e andiamo avanti sulla strada dell’unità dei cristiani”, ha continuato. “Pregando insieme, camminando insieme lavorando insieme”. È stata inoltre ricordata la Giornata Mondiale dell’infanzia missionaria che oggi ricorre. “Saluto i bambini e i ragazzi missionari del mondo intero. Li ringrazio per il loro impegno nella preghiera, nel sostegno concreto all’annuncio del Vangelo”, ha affermato il Santo Padre.

Dopo il ricordo dell’incontro avvenuto 60 anni fa, è seguito un ennesimo appello per la pace. “Pensando a quello storico gesto di fraternità compiuto a Gerusalemme preghiamo per la pace. Per la pace in Medio Oriente, Palestina, Israele, in Ucraina, in tutto il mondo”, ha continuato Bergoglio. Ricordando che la sua assenza ha provocato fino ad ora “tante vittime delle guerre, tanti morti, tanta distruzione”. Papa Francesco ha poi espresso la sua vicinanza al popolo iraniano, “in particolare ai famigliare delle numerose vittime dell’attacco terroristico avvenuto a Kerman e ai tanti feriti, a tutti coloro che sono colpiti da questo grande dolore”, ha affermato. In riferimento all’attentato, avvenuto il 4 gennaio nei pressi della tomba del generale Qasem Soleimani, 84 le vittime, che nella giornata di ieri è stato rivendicato dall’Isis. 

Durante l’omelia, il Pontefice ha approfondito tre caratteristiche proprie dei Magi, che nel brano del Vangelo di oggi (Mt 2,1-12) si sono messi in viaggio alla ricerca di “colui che è nato, il re dei Giudei”, per incontrarlo e “adorarlo” (v. 3). Questi sono “immagine dei popoli in cammino alla ricerca di Dio”, ha affermato. Ma anche degli “stranieri”, dei “lontani”, e “di tutti gli smarriti”. I tre aspetti che li contraddistinguono sono: “gli occhi puntati verso il cielo, i piedi in cammino sulla terra, il cuore prostrato in adorazione”.

Sul primo, Bergoglio ha detto che i Magi “sono abitati dalla nostalgia dell’infinito e il loro sguardo è attratto dagli astri celesti”. Per questo essi non vivono “ripiegati su sé stessi, prigionieri di un orizzonte terreno”, ma “alzano il capo, per attendere una luce che illumini il senso della loro vita”, e nel farlo scorgono la stella “che li attrae e li mette in cammino”, ha continuato. Questo per Francesco è il cuore dell’esistenza, la quale si spegne se, invece di cercare “luce e amore”, si vive entro il “perimetro delle cose terrene”, o “ostaggi dei nostri fallimenti e dei nostri rimpianti”, così come “affamati di beni e consolazioni mondane”. Di guardare verso l’alto ne abbiamo bisogno nel cammino della vita, della fede e nella Chiesa. In quest’ultima “invece che dividerci in base alle nostre idee, siamo chiamati a rimettere Dio al centro”, ha affermato il Santo Padre. “Ne abbiamo bisogno per abbandonare le ideologie ecclesiastiche”, a favore di quella che è una “vocazione ecclesiale”.

In merito al secondo aspetto che contraddistingue i Magi, “i piedi in cammino sulla terra”, Papa Francesco ha affermato che “alzando il capo verso l’alto sono sospinti a scendere in basso; cercando Dio sono inviati a trovarlo nell’uomo, in un Bambino che giace in una mangiatoia, perché Dio che è l’infinitamente grande si è svelato in questo piccolo, infinitamente piccolo”. Così, con i piedi in cammino, anche tutte le persone sono chiamate ad illuminare con la fede le “tenebre fitte che avvolgono tante situazioni sociali”. “Il Dio che viene a visitarci non lo troviamo restando fermi in qualche bella teoria religiosa, ma solo mettendoci in cammino”, ha aggiunto il Pontefice. E così facendo incontrarlo nella “realtà di ogni giorno”, ma soprattutto “toccando la carne dei fratelli”, specie quelli più fragili, svantaggiati e poveri. “Contemplare Dio è bello, ma soltanto è fecondo se noi rischiamo, il rischio del servizio e di portare Dio”. Francesco ha quindi riportato le parole che Benedetto XVI ha pronunciato nel giorno dell’Epifania del 2008: “C’è bisogno di uomini che nutrano una grande speranza e possiedano perciò molto coraggio. Il coraggio dei Magi […] che seppero inginocchiarsi davanti a un Bambino”.

L’ultima caratteristica dei Magi approfondita da Bergoglio è l’avere “il cuore prostrato in adorazione”. “Guardano la stella nel cielo, ma non si rifugiano in una devozione staccata dalla terra; si mettono in viaggio, ma non vagano come turisti senza meta”, ha affermato. Essi si recano infatti a Betlemme, e davanti al Bambino si "si prostrarono e lo adorarono" (v. 11), offrendogli quindi in dono oro, incenso e mirra. Quel bambino è “un re che è venuto a servirci, un Dio che si è fatto uomo”, ha continuato. Il Dio che Bergoglio oggi ha invitato ad adorare “viene nella piccolezza”, “abita la normalità delle nostre case” e “muore per amore”. Da qui Francesco ha parlato dell’abitudine dell’adorazione, che è stata persa. Cogliendo quindi l’invito di coloro che “vennero da Oriente” (v. 2) ha affermato: “Alziamo gli occhi al cielo, mettiamoci in cammino alla ricerca del Signore, pieghiamo il cuore in adorazione”. Chiedendo il coraggio di cercare Dio, di perseverare sulle strade del mondo “con la stanchezza del vero cammino”, e "il coraggio di adorare, il coraggio di guardare il Signore che illumina ogni uomo”.

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