Singapore blocca i social di un ex cittadino accusato di estremismo online
Per le autorità Zulfikar Shariff, oggi in Australia, ha utilizzatoTik Tok e Meta per alimentare le tensioni razziali, minare la governance laica e influenzare la politica locale. Fra le esortazioni anche l’introduzione della sharia nella città-Stato. I casi di tre cittadini radicalizzati per andare a combattere a Gaza o in altri teatri di conflitto nel Medio oriente.
Singapore (AsiaNews) - Singapore ha deciso di bloccare gli account TikTok e Meta collegati all’ex cittadino Zulfikar bin Mohamad Shariff, attualmente residente in Australia, che le autorità accusano di alimentare la radicalizzazione tra i musulmani locali e di tentare di interferire nella politica interna. In una dichiarazione rilasciata ieri, il ministero degli Affari Interni (Mha) ha affermato che Zulfikar aveva “esortato i musulmani a rifiutare lo Stato costituzionale, laico e democratico a favore di uno Stato islamico governato dalla legge [islamica] della sharia”. L’uomo aggiungeva anche che riteneva “se necessario” anche “opportuno ricorrere alla violenza per raggiungere questo obiettivo”.
Zulfikar, ex cittadino singaporiano, è stato arrestato nel 2016 ai sensi dell’Internal Security Act (Isa) per aver promosso una ideologia estremista e aver elogiato lo Stato Islamico (SI, ex Isis) online. In base alle normative vigenti, l’Isa consente la detenzione senza processo o l’imposizione di ordini restrittivi che possono limitare i viaggi, l’accesso alla rete internet e altre attività.
Nonostante le precedenti misure di contrasto, le autorità hanno affermato che l’uomo “ha continuato ripetutamente a fomentare il malcontento all’interno della comunità malaysiana/musulmana locale contro la comunità cinese di Singapore”. A conferma dell’attività ostile, viene citato un video pubblicato a giugno su TikTok in cui sosteneva che i malaysiani e i musulmani erano stati costretti ad abbandonare l’islam e ad assimilarsi alla maggioranza cinese.
Zulfikar ha rinunciato alla cittadinanza singaporiana nel 2020, ma secondo i funzionari la sua influenza persiste online. Il ministero degli Interni lo ha inoltre accusato di aver tentato di interferire con le elezioni che si sono tenute quest’anno nella città-Stato attraverso la sua attività sui social media. Singapore, nazione che da tempo va fiera della sua armonia multietnica gestita con cura, ha una popolazione residente composta per il 74% da cinesi, per il 13,6% da malesi, per il 9% da indiani e per il 3,3% da altre comunità e ospita al contempo un mix eterogeneo di religioni.
“Il governo di Singapore - afferma in una nota il Mha - considera con estrema serietà le minacce alla nostra armonia razziale e religiosa, comprese quelle provenienti da stranieri, e non esiterà ad agire contro di esse”. Le autorità hanno invocato i poteri previsti dall’Online Criminal Harms Act, legge entrata in vigore nel febbraio 2024, per obbligare TikTok e Meta a limitare l’accesso agli account di Zulfikar all’interno di Singapore. Entrambe le società non hanno ancora risposto alle richieste di commento.
A inizio gennaio Singapore ha rivelato che tre cittadini auto-radicalizzati erano stati arrestati ai sensi dell’Internal Security Act (Isa), dopo mesi di propaganda estremista e ideologia radicale diffusa online, peraltro legata al conflitto tra Israele e Hamas a Gaza. I tre uomini - Muhammad Indra Aqmal bin Effendy, 21 anni, Mohamad Latiff bin Rahim, 41 anni, e Nurisham bin Yusoff, 44 anni - sono stati arrestati nel novembre 2024 dopo che le agenzie di sicurezza hanno scoperto i loro piani di recarsi all’estero per votarsi alla lotta armata.
Secondo il ministero ciascuno dei tre uomini era stato radicalizzato separatamente attraverso contenuti online, ma tutti erano stati trascinati sempre più nell’estremismo con l’intensificarsi della guerra dello Stato ebraico contro Hamas nella Striscia. Le indagini hanno rivelato che Indra e Nurisham avevano intenzione di combattere per Hamas e la sua ala militare, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Latiff, invece, aveva intenzione di unirsi all’esercito iraniano o a gruppi militanti attivi in in Medio Oriente e sostenuti da Teheran - come Hezbollah - per combattere contro Israele. Le autorità hanno infine sottolineato che, sebbene i tre casi non fossero collegati, evidenziavano rapidità e gravità con cui la propaganda online sul conflitto aveva influenzato individui vulnerabili.
15/03/2024 10:55





