Trump vuole cerimonia anche tra Bangkok e Phnom Penh, ma resta il nodo degli scam center
Al vertice ASEAN di Kuala Lumpur del 26 ottobre la Malaysia punta a far firmare un cessate il fuoco definitivo a Thailandia e Cambogia. Ma dietro la disputa di confine si muove anche la questione dei centri per le truffe online: Bangkok accusa Phnom Penh di tollerare le attività illecite e ne chiede lo smantellamento come condizione per la pace. Intanto il premier thai Anutin alimenta il nazionalismo per la propaganda politica interna in vista delle prossime elezioni.
Bangkok (AsiaNews) - Dopo il vertice di Sharm El Sheikh, che per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovrebbe servire a portare la pace in Medio Oriente, il tycoon ha intenzione di partecipare a un altro summit che punta alla risoluzione di un conflitto: il 26 ottobre Trump volerà in Malaysia in occasione del vertice dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), dove potrebbe partecipare alla firma di un altro accordo di cessate il fuoco: quello tra Thailandia e Cambogia.
L'annuncio è stato diramato oggi dal ministro degli Esteri malese, Mohamad Hasan, che ha espresso la speranza che “il summit segni la nascita di una pace duratura”, una dichiarazione, “che sarà conosciuta come Accordo di Kuala Lumpur, per garantire la pace e un cessate il fuoco permanente”, ha aggiunto il ministro. Il 28 luglio, dopo cinque giorni di scontri, Thailandia e Cambogia avevano già firmato un primo cessate il fuoco mediato dal primo ministro malese Anwar Ibrahim. La Casa Bianca non ha ancora confermato ufficialmente la visita, ma secondo alcune fonti il viaggio è “in fase di pianificazione”.
Il problema, però, è che nessuno dei due Paesi sembra pronto a mettere davvero fine al conflitto allentando le tensioni che, alimentate dalla continua propaganda nazionalista, ruotano attorno ai centri per le truffe online che operano prevalentemente in Cambogia (e in Myanmar), reclutando vittime da tutto il continente asiatico.
Durante gli scontri, scoppiati a fine luglio lungo il confine (e dove diversi valichi di frontiera restano ancora chiusi) sono morte almeno 48 persone e altre 260mila sono state sfollate. Nonostante la cessazione dei combattimenti, la Thailandia trattiene ancora 18 prigionieri di guerra cambogiani, catturati il 29 luglio. Bangkok sostiene che la loro prigionia sia legittima ai sensi del diritto internazionale: “La detenzione deve continuare fino a quando il cessate il fuoco o la cessazione delle ostilità non saranno concreti e pienamente efficaci, per garantire che i detenuti non tornino a combattere contro la Thailandia. Ciò è conforme alle norme internazionali consolidate”, aveva dichiarato ad agosto il maggiore generale Winthai Suwaree, portavoce dell’esercito thailandese.
Secondo il ministro Mohamad, al vertice ASEAN Malaysia e Stati Uniti intendono promuovere un accordo per la rimozione di tutte le mine e dell’artiglieria pesante lungo il confine. Buona parte delle ostilità, però, ruotano intorno ai centri per le truffe online che godono della protezione del governo cambogiano guidato dal primo ministro Hun Manet: anche ieri le forze di sicurezza thai hanno recuperato 11 ragazzi che erano stati catturati con l’inganno e trattenuti nella provincia di confine di Sa Kaeo da gruppi criminali (spesso a guida cinese: nei giorni scorsi 16 membri di una gang sono stati condannati a morte) dediti al traffico di esseri umani, e la cui scomparsa era stata denunciata dai genitori.
Nei centri per le truffe online, chiamati internazionalmente “scam center”, centinaia di persone vengono trattenute in condizioni di schiavitù dopo essere state ingannate con falsi annunci di lavoro. Si tratta di piccole città circondate da filo spinato e presidiate da guardie armate. Dopo il ritiro del passaporto, gli “schiavi del web” vengono costretti a truffare altre persone, spesso con finti profili social. Secondo stime delle Nazioni unite del 2023, si tratta di un giro d’affari del valore di 37 miliardi di dollari solo nella regione del sud-est asiatico.
Nonostante una dura repressione, condotta in anni recenti da Cina e Thailandia, che hanno recuperato migliaia di connazionali da diversi centri del sud-est asiatico (solo a febbraio, per esempio, sono state liberate 7mila persone), i centri per le truffe online continuano a fiorire in Cambogia - dove sostengono buona parte dell'economia nazionale - e in Myanmar, dove i traffici illeciti continuano a operare grazie a Starlink, la società di proprietà del miliardario Elon Musk: a Myawaddy, al confine con la Thailandia, sono in costruzione nuovi complessi, dove potrebbero lavorare fino a 100mila persone. Le immagini satellitari, analizzate da Agence France Press, mostrano inoltre che su un solo tetto di uno degli edifici nei parchi più grandi, sono state montate 80 parabole Starlink. L'azienda SpaceX, proprietaria dei satelliti, ha già ricevuto lo scorso anno un avviso da parte dei procuratori statunitensi riguardo il fatto che i satelliti vengono utilizzati per operazioni truffaldine, ma non ha mai risposto alle richieste di commento.
Alcuni analisti sostengono inoltre che durante i cinque giorni di guerra, la Thailandia abbia cercato di distruggere, prendendoli di mira, i compound che sorgono nei pressi del confine. In ogni caso, la chiusura degli scam center in Cambogia è anche una delle precondizioni che il primo ministro thailandese, Anutin Charnvirakul, ha posto per la firma di accordo di pace permanente. E riguardo a un potenziale intervento di Trump nella risoluzione delle tensioni, il premier, nominato dopo la destituzione di Paetongtarn Shinawatra, nei giorni scorsi ha commentato: “Stiamo per ciedere a Donald Trump di inviarci una lettera in cui esprime il suo desiderio di vedere sia la Thailandia che la Cambogia impegnate nei negoziati per risolvere la controversia. In risposta, lo informerò che, se la Cambogia rispetta queste quattro condizioni chiave, la Thailandia è pronta a seguire le procedure appropriate. Restiamo fermi su questi quattro punti perché rappresentano una minaccia per la sicurezza del Paese”.
I quattro punti citati da Anutin riguardano, oltre allo smantellamento dei centri per le truffe online, la rimozione delle mine e delle armi pesanti lungo il confine, e il ritiro dei cittadini cambogiani dall’area di Ban Nong Chan. Secondo Bangkok si tratta di un’occupazione illegale, ma in realtà diverse famiglie risiedono lì da decenni dopo esser state sfollate nel 1979 in seguito all’invasione da parte del Vietnam contro il regime dei Khmer Rossi. Al tempo la Cambogia incoraggiò la loro integrazione, trasformando il confine in un polo commerciale che l’anno scorso è arrivato a valere 5 miliardi di dollari.
Secondo diversi esperti, i punti presentati da Anutin sono funzionali alla propria propaganda politica interna: il primo ministro, vicino alle forze conservatrici, ha ribadito anche la volontà di indire un referendum nazionale per cancellare i protocolli di intesa 43 e 44 che regolano le demarcazioni dei confini con la Cambogia. Sebbene si tratti di una questione tecnica che dovrebbe essere valutata dai legislatori, Anutin, che ricopre anche il ruolo di ministro dell’Interno, si sta ergendo come difensore dell’interesse nazionale nel tentativo di raccogliere il maggior numero di voti alle prossime elezioni politiche e consolidare la propria posizione. Al contrario, l’opposizione, rappresentata dal partito progressista People’s Party, non si è particolarmente esposta sulla questione, e, nonostante avesse vinto le ultime elezioni (per poi vedersi imedita la possibilità di governare), questa volta alle urne potrebbe trovarsi in completo svantaggio.




