17/11/2003, 00.00
Indonesia
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Ucciso un pastore protestante, rinasce la paura di nuovi scontri

Jakarta (AsiaNews) – Si riaccendono le tensioni tra cristiani e musulmani nella zona delle Sulawesi e delle Molucche. La polizia ha dichiarato lo stato di massima allerta e si  teme che la situazione scoppi di nuovo con livelli di violenza pari a quelli della guerra del 1999-2001 che causò la morte di migliaia fra cristiani e musulmani.

Ieri, 16 novembre, un pastore protestante ed il suo autista sono stati trovati uccisi nei pressi della città di Poso nelle isole Sulawesi. Nella zona si registrano violenti scontri. Una folla di musulmani ha assediato una stazione di polizia in segno di protesta per le recenti uccisioni ed arresti di sospetti militanti. Un mese fa (11 e 12 ottobre) un gruppo di militanti islamici aveva attaccato alcuni villaggi cristiani a Poso Pesisir facendo 12 morti; il 9 ottobre, un altro gruppo aveva attaccato il villaggio di Beteleme, uccidendo 3 cristiani e bruciando 30 case. Gli attacchi sono tutti legati al gruppo della Jemaah Islamiah, ritenuto responsabile di una serie di esplosioni in Indonesia, fra cui Bali (con 202 morti) e l'hotel Marriot di Jakarta (12 morti e 147 feriti).

A Poso, per sedare i disordini, sono intervenuti  oltre 2 mila poliziotti e un centinaio di truppe speciali appartenenti al corpo delle Briomb.

Anche nelle Molucche vi è tensione. Un articolo pubblicato su Channel News Asia scritto da un giornalista della  France Press mette in luce la situazione: "Cristiani e musulmani nelle isole delle Molucche cercano di imparare nuovamente a vivere insieme, a  21 mesi dall'accordo di pace, stipulato il 12 febbraio 2002, che ha segnato la fine di tre anni di sanguinosi scontri. Ma la paura, alimentata dal ricordo delle migliaia di morti, ancora li divide. Anthony Badha, ufficiale locale per lo operazioni umanitarie delle Nazioni Unite dice " La paura deve ancora essere sconfitta e questo non può avvenire in un giorno, in un mese e persino in anno". Aiuti finanziari sono giunti per incoraggiare i rifugiati a ricostruire le loro case, ma ciò che fa di Amboina [la capitale delle Molucche – ndr] una città divisa è il persistere della paura.

Nella città esiste una zona neutrale che  prima era il fronte degli scontri. Essa divide il settore musulmano da quello cristiano. In questa zona, in cui sorgono centri commerciali, negozi e palazzi amministrativi, gruppi di amici delle diverse fazioni possono incontrarsi senza timori. Ma oltre questa zona neutrale, sono ancora pochi i luoghi sicuri, dove la convivenza tra musulmani e cristiani è priva di pericoli. Raihun Umagap, una musulmana che vive in un campo con più di 3000 rifugiati, dice che "non è ancora sicuro ritornare a casa". Suo marito è stato ucciso da un cecchino nel '99, mentre usciva dalla moschea. Jacob Hukom,  vive in un campo di rifugiati cristiani dal 1999; suo figlio è nato fra le baracche dei profughi. Anche lui testimonia la paura: " La mia casa, nel quartiere musulmano di Batumerah, è stata distrutta dal fuoco. Non posso tornare lì, sono troppo segnato, ma non voglio neanche vivere tutta la vita qui".

A quasi due anni dalla pace ognuna delle fazioni rifiuta di assumersi la responsabilità del conflitto. I cristiani si sentono minacciati dagli immigrati musulmani e accusano l'esercito di aver appoggiato i musulmani durante la guerra. I musulmani da parte loro accusano i cristiani di aver preso il monopolio nella burocrazia statale. Entrambi concordano che il conflitto è stato alimentato dall'esterno. I cristiani affermano che ad accendere le violenze furono soldati dell'esercito e alcuni politici. Nel maggio del 2000, almeno 3 mila membri del Laskar Jihad, una milizia islamica, giunsero nelle Molucche. Le auotirtà non fecero nulla per fermarli. L'anno scorso Laskar Jihad ha annunciato l'abbandono dell'isola., ma alcuni di loro – almeno un centinaio – sono ancora sul territorio.(SF)

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