24/11/2025, 08.49
ASIA CENTRALE - ISRAELE
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Il nuovo Oriente dall’Asia centrale a Gerusalemme negli ‘Accordi di Abramo 2.0’

di Vladimir Rozanskij

Baku uno dei primi candidati a formare un anello decisivo di questa nuova catena. L’interesse Usa verso la regione post-sovietica aumentato dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Washington vuole saldare l’asse da Israele fino all’India in chiave anti-cinese. Un’alleanza economica, politica e perfino militare contrappeso strategico all’asse anti-occidentale di Mosca e Pechino. 

Mosca (AsiaNews) - La ripresa degli “Accordi di Abramo” da parte del presidente Usa Donald Trump è il tentativo di normalizzare le relazioni tra Israele e i Paesi arabi sunniti “moderati”, schierati tradizionalmente contro gli ebrei come Emirati Arabi Uniti (Eau), Marocco e Sudan. Questo approccio viene ora esteso fino ai Paesi musulmani del Caucaso e dell’Asia centrale, come l’Azerbaigian e il Kazakistan. La priorità del progetto riguarda ovviamente la cessazione delle ostilità armate nel settore di Gaza, nella prospettiva di una tregua a lunga scadenza per giungere alla conclusione della guerra ormai biennale iniziata dai terroristi di Hamas il 7 ottobre 2023.

La tragedia della striscia ha impedito di giungere allo stabilimento di relazioni a pieno titolo tra Israele e l’Arabia Saudita, che potrebbero aprire la strada non soltanto per i rapporti diplomatici dello Stato ebraico con i regimi filo-americani del Medio Oriente, ma anche con i Paesi islamici non arabi fino al Pakistan, alla Malaysia e all’Indonesia. Gli Accordi di Abramo “2.0” presuppongono quindi una grandiosa alleanza economica, politica e perfino militare che possa diventare un contrappeso strategico all’asse anti-occidentale di Mosca e Pechino, che si estenda per tutta l’Asia centrale, meridionale e sud-orientale, e contenga anche le mire del regime sciita dell’Iran e dei suoi satelliti.

L’Azerbaigian è quindi uno dei primi candidati a formare un anello decisivo di questa nuova catena, considerando le relazioni molto strette da anni con Israele anche proprio in contrapposizione con Teheran. Inoltre, Baku potrebbe servire da aggancio per un vasto “patto di riconciliazione” con i Paesi dell’Asia centrale e di tutto il “mondo turanico”, secondo molti commentatori, condizionando in qualche modo anche le posizioni della Turchia. Non a caso il sito filogovernativo Iran Diplomacy sta lanciando segnali di grande preoccupazione per i tentativi di avvicinare i centrasiatici a Israele, sfruttando i piani occidentali di valorizzazione del “Corridoio di mezzo”, di cui Tel Aviv si propone come uno dei partner strategici.

Il primo dei Paesi turanici musulmani ad aver aderito alla nuova versione dei patti abramitici è stato il Kazakistan, con la dichiarazione ufficiale del suo presidente Kasym-Žomart Tokaev a Washington lo scorso 7 novembre, in occasione dell’incontro in formato “5+1” tra Usa e Asia centrale, come già si preannunciava da giugno, dopo l’incontro del segretario di Stato Marco Rubio con il consigliere del presidente kazaco Murat Nurtleu. L’interesse americano verso questa regione post-sovietica è aumentato sensibilmente dopo l’invasione russa dell’Ucraina, come sottolinea l’opinionista Dov Zaheim del sito The Hill, molto vicino alla Casa Bianca, notando che il Kazakistan “è la principale potenza economica della regione, che dal 1992 mantiene relazioni diplomatiche a pieno titolo con Israele”.

Il Kazakistan è il principale partner economico degli Stati Uniti in Asia centrale, con il 96% dell’export americano nella regione su una bilancia complessiva di 2,5 miliardi di dollari, ed è in continua crescita, soprattutto per i mercati sempre più decisivi dei minerali rari come antimonio, tungsteno e altri elementi delle terre rare, per non parlare del 40% delle riserve mondiali di uranio. La ricerca di questi minerali è un elemento decisivo dei giochi di geopolitica globale degli Stati Uniti, sullo sfondo delle trattative di pace alle varie latitudini.

L’Asia centrale occupa un posto decisivo in questo scenario, considerando il vero conflitto economico globale tra Washington e Pechino, che a sua volta rilancia continuamente la sua attività in questa regione, come testimonia il viaggio nei giorni scorsi del ministro degli esteri cinese Wang Yi in queste zone. Gli Usa intendono saldare il rapporto da Israele fino all’India, permettendo a Trump di mostrare a Xi Jinping un tale consenso tra Occidente e Sud globale, a cui sarà difficile per Pechino trovare un adeguato contrappeso.

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