17/12/2025, 12.57
SRI LANKA
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Appello da Colombo: dopo il ciclone Ditwah si rinegozi l'accordo sul debito

di Melani Manel Perera

Società civile e attivisti rilanciano la richiesta di ampi settori della popolazione volta a rinegoziare alla luce dei danni provocati dal cambiamento climatico l'intesa con il Fondo monetario internazionale. Nel mirino il programma Extended Fund Facility; le misure di austerità ulteriore ostacolo alla ripresa delle attività. Intanto cresce il bilancio delle vittime e delle persone colpite. Ristrutturare l’economia ponendo al centro le presone.

Colombo (AsiaNews) - A fronte delle devastazioni causate dal ciclone Ditwah, la Law and Social Trust (Lst) rilancia una richiesta proveniente da ampi settori della popolazione e della società civile, chiedendo di rinegoziare l’accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi) su debito e clima. In un quadro di grande emergenza, almeno 38 organizzazioni non governative e movimenti sociali che operano per le vittime, assieme a 75 ambientalisti e attivisti di primo piano, hanno sottoscritto un’iniziativa pubblica presentando la richiesta all’istituzione con sede a Washington. Intanto il bilancio aggiornato al 15 dicembre parla di oltre 644 morti, 183 tuttora dispersi e 1.344.898 persone colpite a vario titolo, per un totale di 385.093 famiglie. 

Le devastazioni causate da Ditwah sono collegate all’impatto causato dai cambiamenti climatici sui Paesi tropicali come lo Sri Lanka e finiscono per aggravare gli effetti della crisi economica, caratterizzata da un default del debito sovrano di circa 35 miliardi di dollari nel 2022. Mentre la maggioranza della popolazione è alle prese con severe misure di austerità, tra cui aumenti progressivi delle imposte, tagli ai sussidi e misure di sicurezza sociale inadeguate, il governo è prigioniero del programma Extended Fund Facility del Fmi. Il controllo della spesa pubblica del Fondo non solo limita la capacità del governo di rispondere alla crisi umanitaria in corso, ma ostacola gravemente gli investimenti nelle infrastrutture, il recupero dei mezzi di sussistenza e l’adattamento agli ulteriori impatti dei cambiamenti climatici.

“Ditwah - scrivono i promotori dell’iniziativa - sottolinea l’ingiustizia climatica sistemica. Lo Sri Lanka contribuisce per meno dello 0,08% alle emissioni globali di carbon fossile, ma subisce impatti climatici sempre più intensi, tra cui inondazioni, siccità e frane””. Progetti di sviluppo insostenibili e coltivazioni industriali mono-colturali hanno causato deforestazione, degrado del suolo e distruzione dell'ecosistema. Decisioni, avvertono, che hanno favorito “il grande capitale e i mercati globali a scapito delle comunità locali e dei diritti delle popolazioni indigene, e sono anche responsabili del carico debitorio sproporzionato dello Sri Lanka”.

“I mega-progetti infrastrutturali finanziati dal debito come autostrade, porti in acque profonde e parchi energetici, hanno aggirato le misure di salvaguardia ambientale, causato lo sfollamento di popolazioni, distrutto i loro mezzi di sussistenza, aumentato la vulnerabilità e alimentato i conflitti tra esseri umani ed elefanti, lasciando i gruppi emarginati, in particolare i contadini, i piccoli pescatori, i lavoratori delle piantagioni e i pastori, intrappolati in un circolo vizioso di danni economici ed ecologici” denuncia l’appello della Lst. “Sono inoltre necessari - aggiunge - maggiori finanziamenti per il clima sotto forma di sovvenzioni, non di prestiti, insieme a risarcimenti da parte dei Paesi ad alte emissioni. Le condizioni imposte dal Fmi perpetuano una trappola debito-clima, ostacolando lo sviluppo della resilienza ed erodendo le protezioni sociali in un contesto in cui 6,3 milioni di persone sono esposte all’insicurezza alimentare”.

In una prospettiva di “giustizia” in tema di debito e clima, i collettivi della società civile, compresi i movimenti sociali, sindacati e gruppi di difesa dei diritti, chiedono una valutazione indipendente e su più livelli di perdite e danni (con rappresentanti delle comunità colpite e della società civile). Al riguardo, sottolinea la nota, è essenziale quantificare gli impatti del ciclone Ditwah ai fini del risarcimento. Le perdite economiche riguardano gli alloggi, l’agricoltura, altri mezzi di sussistenza e le infrastrutture, mentre quelle non economiche includono gli anni di vita adeguati alla disabilità (Daly) derivanti da decessi/lesioni, il degrado della biodiversità nelle zone umide di Ramsar e l’erosione culturale/patrimoniale delle comunità emarginate.

La valutazione utilizza i servizi eco-sistemici, le metriche dell’approccio basato sui diritti umani (Hrba) e standard sottoposti a revisione paritaria, collegando i totali alle compensazioni per la cancellazione del debito. I collettivi della società civile sollecitano inoltre un’azione immediata sulla crisi del debito innescata dal default del 2022 su 35 miliardi di dollari di obbligazioni esterne, inclusi 14,7 miliardi di dollari in titoli sovrani internazionali ad alto tasso di interesse. Le misure di austerità previste dall’Extended Fund Facility del Fmi, che richiedono un avanzo primario del 2,3% entro il 2025 e un fabbisogno finanziario lordo inferiore al 13% del Pil a partire dal 2027, hanno imposto la soppressione di sussidi, privatizzazione e limitazione della spesa pubblica.

Considerando la situazione di emergenza, i promotori dell’iniziativa avanzano infine diverse richieste, fra le quali ricordiamo: una valutazione inclusiva delle perdite e dei danni condotta dalle comunità colpite con rappresentanti di comunità indigene, piccoli produttori alimentari, donne, pescatori, lavoratori delle piantagioni, organizzazioni della società civile, esperti e membri delle agenzie governative; fermare il blocco dei sussidi energetici, i prezzi dei combustibili, gli aumenti delle imposte indirette e i tagli al welfare sociale; ristrutturare le condizioni dell’Eff Fmi, esentando perdite e danni e gli investimenti climatici dagli obiettivi fiscali; rifiutare la svalutazione della moneta, gli aumenti dei tassi di interesse, i limiti salariali/occupazionali pubblici che aggravano la vulnerabilità alle catastrofi; riconquistare la sovranità sull’economia nazionale introducendo un controllo sulla Banca centrale; garantire che i programmi di ricostruzione attuati dopo il disastro causato dal ciclone prevedano una forte componente di partecipazione e consultazione della popolazione, insieme al monitoraggio da parte di importanti organismi statali indipendenti; da ultimo, ristrutturare l’economia ponendo al centro gli interessi dei piccoli produttori alimentari, dei lavoratori, delle donne, dei bambini e dell’ecologia. 

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