11/12/2025, 15.06
THAILANDIA - CAMBOGIA
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Ci sono (anche) gli scam center dietro agli scontri tra Bangkok e Phnom Penh

Il riaccendersi del conflitto non riguarda solo la disputa sul confine: lungo la frontiera operano decine di centri per le truffe online, complessi gestiti da reti criminali legate alle élite cambogiane. Bangkok li considera obiettivi militari strategici e sfrutta la guerra per rafforzare il fronte nazionalista in vista delle elezioni. L'opposizione thailandese del People's Party ha chiesto un ritorno alla diplomazia.

Bangkok/Phnom Penh (AsiaNews) - È stata anche oggi una giornata di scontri tra Thailandia e Cambogia, che da lunedì 8 dicembre combattono lungo la frontiera comune che si estende per oltre 800 chilometri. La disputa, però, non riguarda solo il posizionamento del confine, ma anche la presenza di centri per operazioni illecite, noti come scam centers, che in Cambogia proliferano anche grazie al sostegno del governo.

Questa nuova fase del conflitto sembra essere molto più cruenta rispetto ai cinque giorni di guerra di luglio che si erano conclusi con l’intervento del presidente statunitense Donald Trump, il quale aveva minacciato nuovi dazi se i due Paesi non avessero deposto le armi. Trump ieri ha annunciato una telefonata che però non è ancora arrivata. Il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul ha dichiarato che risponderà alla chiamata, ma con il proposito di spiegare meglio la situazione al presidente americano: “Si tratta di una questione tra due Paesi. Lui ha buone intenzioni di raggiungere la pace, ma dobbiamo spiegare quali sono i problemi e perché è andata così”.

Anutin ha quindi (almeno per il momento) escluso la mediazione da parte di Paesi terzi, inclusa quella della Malaysia che, in qualità di presidente di turno dell’Asean, aveva permesso la firma del cessate il fuoco del 26 ottobre con cui Thailandia e Cambogia si erano impegnate a mettere in atto una serie di misure di de-escalation. Queste, però, in realtà, non hanno trovato nessun tipo di attuazione negli ultimi mesi. 

Entrambi i Paesi si accusano di aver riaperto le ostilità: secondo l’esercito thailandese domenica una squadra di ingegneri è stata attaccata dalle truppe cambogiane e due soldati thailandesi sono rimasti feriti, nessuno dei due in modo grave. La Cambogia continua a presentarsi come un Paese debole che è stato ingiustamente attaccato da un esercito molto più avanzato, eppure Bangkok sostiene di avere le prove che quelle piazzate al confine siano mine recenti e non residuati bellici come invece sostiene Phnom Penh.

Ieri l’esercito thailandese ha condotto attacchi aerei contro una serie di siti, tra cui gli scam center utilizzati anche come centri di rifornimento e stoccaggio militari, mentre la Cambogia ha risposto lanciando raffiche di razzi BM-21, missili di progettazione sovietica montati su camion. Un generale thailandese a inizio settimana aveva dichiarato che l’obiettivo ddell’esercito è di “rendere la Cambogia militarmente inoffensiva per lungo tempo”.

Entrambi i Paesi si accusano inoltre di aver preso di mira infrastrutture civili: il ministero dell’Interno cambogiano ieri ha affermato che case, scuole, strade, pagode e antichi templi sono stati danneggiati dagli “intensi bombardamenti della Thailandia e dagli attacchi aerei con F-16 che hanno preso di mira villaggi e centri abitati civili fino a 30 km all’interno del territorio cambogiano”. Bangkok nega ogni accusa. Nel frattempo si contano decine di morti e feriti, mentre mezzo milione di persone da entrambe le parti del confine hanno abbandonato le loro case e sono attualmente sfollate. 

Analisti ed esperti prevedono che difficilmente le ostilità cesseranno nel breve periodo. Da una parte il presidente Trump non ha nessuna leva diplomatica se non la minaccia di imporre nuovi dazi, che secondo gli osservatori restano uno strumento poco efficace per arrivare a una pace duratura. La disputa sul confine risale al 1907: la Thailandia sostiene di avere sovranità su una serie di aree che si trovano in Cambogia nonostante la Corte internazionale di giustizia abbia più volte smentito tali rivendicazioni. L’esercito thailandese è riuscito ad avanzare fino ai villaggi di Chouk Chey e Prey Chan e a conquistare alcune colline tra la provincia cambogiana di Banteay Meanchey e la provincia thailandese di Sa Kaeo da cui sostiene di potersi meglio difendere da futuri attacchi cambogiani.

Sono stati colpiti diversi casinò e centri per le truffe online soprattutto nelle province di Oddar Meanchey e Pursat, dove anche alcuni cittadini stranieri che lavoravano negli scam center sembra siano stati feriti, mentre altri sono fuggiti. Anche dopo il conflitto di luglio alcuni analisti avevano ipotizzato che gli scam center potrebbero avere un ruolo più importante di quanto sembri: lungo la frontiera sorgono circa 50 complessi dediti alle truffe online. Solo nella città cambogiana di confine di O’Smach si stima che abitino 10mila lavoratori-schiavi impiegati in attività illegali.

Quella degli scam center è un’industria che sostiene l’economia cambogiana (producendo entrate per 12,5 miliardi l’anno secondo le stime) ed è legata alle élite al potere. Hun Sen, ex premier e padre dell’attuale capo dell’esecutivo, aveva diffuso la telefonata che ha portato alle dimissioni della premier thailandese Paetongtarn Shinawatra dopo che questa aveva chiesto alla Cambogia di mettere un freno alla diffusione dei compound. I cittadini thailandesi perdono ogni anno 115,3 miliardi di baht, pari 3,6 miliardi di dollari, a causa delle truffe online.

Non è detto che le recenti conquiste territoriali (che sono perlopiù aree boschive disabitate) possano bastare all’esecutivo thai per fermarsi: il governo di Anutin, salito al potere a settembre, nelle ultime settimane si è trovato in grosse difficoltà. Il suo esecutivo è stato criticato per l’inadeguata risposta alle recenti alluvioni e per aver ceduto troppo in fretta alla firma di un cessate il fuoco a luglio. Mentre alcuni membri del governo sono finiti al centro di una serie di scandali che hanno fatto emergere legami proprio con le operazioni truffaldine condotte in Cambogia. È il caso dell’ex vice ministro alla Difesa, Vorapak Tanyawong, che si è dimesso dopo che un rapporto ha svelato che la moglie aveva ricevuto 3 milioni di dollari da parte di una rete criminale cambogiana su cui lo stesso Vorapak era stato incaricato di indagare. 

Si tratta di questioni che rischiano di indebolire la posizione di Anutin in vista delle prossime elezioni. Il governo, che avrebbe dovuto sciogliere il Parlamento domani 12 dicembre, vuole sfruttare il sentimento nazionalista e dimostrare di avere il polso della situazione, soprattutto prendendo di mira gli stessi scam center che hanno alimentato le notizie sugli scandali. In questo modo, inoltre, Anutin sta compattando il fronte conservatore guidato dall’esercito (che sempre più spesso in Thailandia decide le sorti politiche anche senza condurre colpi di Stato) e dai partiti filo-monarchici.

Natthaphong Ruengpanyawut, il leader del  People’s Party all’opposizione, ieri in conferenza stampa ha sottolineato che l’approccio esclusivamente militare non è sufficiente e ha definito pericolosa la posizione del premier Anutin di rifiutare i negoziati. Natthaphong ha però ribadito la necessità di eliminare i centri per le truffe online, sradicando i compound in Cambogia ma anche perseguendo coloro che  in Thailandia sono coinvolti con i truffatori. 

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